mercoledì 12 ottobre 2011

«ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori»

di lo Scorfano


In quarta, mentre leggo il capitolo XVII del Principe di Machiavelli, lo so che non si fa, ma sto pensando a tutt'altro. Sto pensando ai primini, in realtà; alla classe da cui sono uscito appena un quarto d'ora fa. Ma intanto leggo Machiavelli, il Principe, ed è proprio quello che leggo che mi fa pensare ai primini. Ho davanti agli occhi il capitolo in cui ci si chiede se, per un uomo di potere, sia meglio essere temuto o amato; io non sono un uomo di potere, è ovvio; però, quando entro in prima, ci assomiglio molto, almeno per i ragazzini di quattordici anni. E allora leggo:
Debbe, per tanto, uno principe non si curare della infamia di crudele, per tenere e’ sudditi sua uniti et in fede; perché, con pochissimi esempli sarà più pietoso che quelli e' quali, per troppa pietà, lasciono seguire e' disordini... (...) Nasce da questo una disputa: s'elli è meglio essere amato che temuto, o e converso. Rispondesi che si vorrebbe essere l'uno e l'altro; ma perché elli è difficile accozzarli insieme, è molto più sicuro essere temuto che amato, quando si abbia a mancare dell'uno de' dua.
È meglio essere temuto, insomma, mi dice Machiavelli; sarebbe meglio entrambi, ma non sempre ci si riesce, aggiunge. La troppa pietà fa danni, mi dice Machiavelli:  
pochi esempi di severità ne fanno assai di meno. E mi consola un po'. Perché mi è successo di essere stato temuto, proprio oggi, e ancora non riesco a dimenticarmene.

Mi è successo con Davide, il mio piccolo alunno siciliano, quello di cui avevo scritto qui. Mi è successo che Davide è un ragazzo molto sveglio e intelligente, ma forse studia con quel po' di superbia che il latino non perdona. E quando io oggi l'ho interrogato, Davide non sapeva bene le declinazioni e le coniugazioni che avrebbe dovuto sapere. Balbettava, si inciampava, si confondeva i verbi della terza coniugazione con quelli della seconda, si incastrava sempre sulla prima persona plurale e faceva sempre lo stesso errore. Io non l'ho nemmeno sgridato in realtà; gli ho semplicemente detto che così non può andare bene, che con il latino bisogna essere precisi, che li avevo avvertirti già la volta precedente. Gli ho dato un'insufficienza, non grave; ma per lui, che sa di essere bravo, è stato un voto grave.

Quindi penso a questo, mentre in quarta leggo e spiego Machiavelli agli studenti più grandi, che sono invece abituati a me e con cui certe cose non accadono più. E continuo a leggere il capitolo XVII, in un passaggio formidabile in cui emerge tutta la terribile concezione dell'uomo che anima e determina il pensiero complessivo di Machiavelli e che gli fa dire che sì, è così: è meglio essere temuti, che amati:
Perché delli uomini si può dire questo generalmente: che sieno ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori, fuggitori de' pericoli, cupidi di guadagno; e mentre fai loro bene, sono tutti tua, ófferonti el sangue, la roba, la vita e' figliuoli, come di sopra dissi, quando il bisogno è discosto; ma, quando ti si appressa, e' si rivoltano.(...) E li uomini hanno meno respetto a offendere uno che si facci amare, che uno che si facci temere; perché l'amore è tenuto da uno vinculo di obbligo, il quale, per essere li uomini tristi, da ogni occasione di propria utilità è rotto; ma il timore è tenuto da una paura di pena che non abbandona mai.
Lo ammetto: è un passaggio pazzesco, quasi spaventoso. Non bisognerebbe credere a queste parole. E però, a volte, è impossibile non farlo. E poi, un'altra cosa ancora: i ragazzi giovani sono meglio degli uomini adulti di cui parla Machiavelli, non sono come dice lui (gli uomini adulti come noi, invece, lo sono): io so anche questo. Ed è anche per questo, per come sono i ragazzi giovani, che amo il mio mestiere che mi fa stare con loro.

Ma è stato proprio Davide, il ragazzino siciliano della mia prima, a tirare fuori questo argomento, quando gli ho chiesto come mai: come mai fosse preparato così male, come mai fosse così incerto nelle risposte. Mi ha detto che non pensava che avrei chiesto proprio le coniugazioni. Ho spiegato solo quelle, gli ho detto io. E quindi, annaspando un po', mi ha detto: «Lei incute timore, professore». Usando proprio queste due parole, così singolari per un ragazzino: incutere e timore. E io gli ho risposto che forse è giusto che sia così; che bisogna avere anche un po' di timore del proprio insegnante; non di lui come persona, ma del suo ruolo, almeno questo. Sorridevo mentre glielo dicevo, e sorrideva anche lui; e non sembrava per niente spaventato, a dire il vero (perché uno molto spaventato, diciamocelo, non ha il coraggio di dirtelo, che incuti timore: ha troppa paura).

Poi l'ora è finita, ho salutato e sono venuto qui, in quarta, a spiegare Machiavelli. Ma, ve l'ho già detto, sto ancora pensando ai ragazzini di prima e al timore che forse io incuto loro. Sarebbe meglio se fossi più tenero e affettuoso? No, non credo: spiace essere temuti, ma è meglio che sia così, ha ragione Machiavelli. Prenderanno confidenza, con il passare dei mesi, come hanno fatto tutti gli altri prima di loro. Prenderanno confidenza e il timore si trasformerà in rispetto. Sarà la mia forza di insegnante, quel po' di timore che oggi provano. Mi dispiace per Davide, ma è giusto che sia così.

E infatti, lo vedo bene anche adesso, ai ragazzi di quarta che sono seduti qui davanti a me in questo momento, a loro non incuto nessun timore, proprio per niente. Mi conoscono, ridono quando vedono i primini che entrano in classe di corsa appena spunto da dietro l'angolo del corridoio; mi dicono, i diciottenni di quarta: «Hanno paura di lei, prof, quei primini...» E poi ridono, e io sorrido salutandoli, perché sono simpatici, molto. E così anche i miei ex alunni del biennio, anche loro, quando ne parliamo, mi dicono che in prima avevano paura. Proprio pochi giorni fa, una ragazza che ora è in quinta mi ha detto, nell'intervallo: «Quando mi interrogava lei di latino, prof, io perdevo tre chili di peso solo nel tragitto dal banco alla cattedra...» E poi mi ha sorriso, perché sembrava impossibile che fosse stato così, ora che ci parliamo quasi come amici.


E allora non ci penso più e vado avanti a leggere, il Principe, capitolo XVII, di Niccolò Machiavelli. E arrivo alla fine del capitolo. E leggo:
Concludo adunque, tornando allo essere temuto et amato, che, amando li uomini a posta loro, e temendo a posta del principe, debbe uno principe savio fondarsi in su quello che è suo, non in su quello che è d'altri: debbe solamente ingegnarsi di fuggire lo odio, come è detto.
Ecco, fuggire l'odio, forse ha semplicemente ragione lui. Non è importante essere temuti o amati, l'unica cosa che conta, quando si è a scuola con i ragazzi, è il non farsi odiare: essere il più possibile equo, corretto, disponibile. Essere temuto, anche; ma non odiato, tutto qui. E poi, diciamoci la verità, qualcuno che ti odia lo trovi sempre, a scuola come fuori da scuola. Ma forse non sono quelli che ti hanno un po' temuto quando erano piccoli; forse sono gli altri, quelli a cui non hai mai chiesto come mai non si erano, quel giorno, preparati. E anche questo, lo dobbiamo ammettere, a volte succede, perché è così, perché è normale, perché si sbaglia, perché siamo uomini «ingrati, volubili, simulatori e dissimulatori». Lo sapeva Machiavelli, devo tranquillamente saperlo anch'io.
 

8 commenti:

  1. Se ripenso a quando ero studente sbarbato del biennio, e cerco di essere del tutto sincero, non ho quasi mai temuto o rispettato un prof, (diciamo che non consideravo tanto il prof, ma più i suoi compiti e le interrogazioni); ho iniziato a temere, rispettare, odiare o amare(magari più ritenere antipatico o simpatico)la "persona" professore dalla terza in poi, una volta presa più confidenza con l'ambiente.
    Sprukix

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  2. @Sprukix
    Non me ne volere ma, come ho già spiegato (http://sempreunpoadisagio.blogspot.com/2011/09/un-appunto-sui-vostri-ricordi-di-scuola.html), tendo a non fidarmi troppo dei vostri ricordi di scuola... ;)

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  3. Caro prof,

    anche io concordo con il fatto che la figura del professore dovrebbe essere ben temuta dai ragazzi, specialmente di prima. Non obbligatoriamente, ma se avviene che avvenga.

    Ricordo un giorno indimenticabile nel mio liceo scientifico a Roma, mi sembra essere stata una seconda o una terza classe; prof di filosofia e di storia, preparatissimo, intelligente, capace di esposizioni emozionanti, asciutto e conciso, attento ed acuto. Insomma uno dei mejo prof che avevamo.

    Ad una mia ripetuta disattenzione provocata da cadute ripetute della mia penna sul pavimento si fermò, mi squadrò, mi disse calmo e deciso guardandomi negli occhi dalla sua cattedra che se volevo potevo anche uscire dalla classe ad un prossimo mio passo incauto.

    Mi sono raggelato, ancora oggi ricordo con vividezza l'episodio che mi vide protagonista davanti la classe intera ma anche questo dettaglio mi rende stretto il rapporto di affetto con il mio insegnante severo ma giusto.

    Vai avanti come sai che vai bene!

    Buon lavoro.

    Marco

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  4. "Ed è anche per questo, per come sono i ragazzi giovani, che amo il mio mestiere che mi fa stare con loro."
    sottoscrivo dieci, cento, volte (e oggi se possibile a maggior ragione e di più).
    Sul resto, anche a me capita di essere temuta in prima, e anche io oscillo tra l'essere convinta che sia giusto e il ritornarci sopra, quando accade qualcosa.
    E però credo sia giusto così.

    ps. mi ricordo, su questo, il tema di un mio alunno dell'Onda quando loro erano in prima e l'Onda non era Onda (ancora...). "La prof. di Italiano è molto severa, però ci rispetta"...

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  5. @Marco: grazie.
    @'povna: quella frase, quella che tu hai citato, è la frase a cui tenevo di più. A parte quelle di Machiavelli, ovviamente. ;)

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  6. Forse le due cose, temere e amare, vanno a braccetto; mi viene in mente il significato del verbo greco "timào": allo stesso tempo "temere" e anche "rispettare".
    E non c'è amore senza rispetto.
    Continua così prof!
    ohana

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  7. ohana, la tua nota erudita mi incoraggia non poco.

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  8. quanto scrivi è quello che mi fa andare avanti forse perplessa ma contenta.
    quel Machiavelli poi, come e cosa muove!

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)