sabato 29 ottobre 2011

Eliminare i cattivi

del Disagiato

Leggete, per favore, questa frase di Primo Levi: "P. era un vecchio scettico ed ironico, nemico di tutte le retoriche (per questo, e solo per questo, era anche antifascista)". Questa frase sta a pagina 30 della mia edizione tascabile del libro Il sistema periodico. Levi racconta del professor P., un professore che lo introdusse alla chimica. Il libro infatti parla essenzialmente di chimica come metafora e non di campi di concentramento o di sommersi e salvati. Ci sono dell’autore cose ben più importanti, lo so. Però quel che c’è dentro la parentesi a me, anni fa, piacque tanto. Dice che il professor P. era antifascista ma solo perché era contro la retorica. Non per buona disposizione d’animo, non perché era contro il male e l’ingiustizia, non perché considerasse gli esseri umani esseri da comprendere, amare e tutelare. Solo per retorica, punto. Bravissmo Levi a sottolineare questa sfumatura. Si è buoni anche solo per motivi piccoli e banali e non è detto che questo sia un bene. Perché appena viene a mancare la retorica, cosa accade? Accade, magari, che orfani della retorica ci ritroviamo ad abbracciare il male, a contemplare il male e magari anche a praticarlo o a compierlo, il male. Per delle banalità. La banalità del male, scrisse Hannah Arendt. Appunto.

E in questi giorni, mentre guardavo Gheddafi braccato e ammazzato e mentre leggevo o sentivo che è stato giusto così, che il popolo ha fatto quello che c’era da fare, ho pensato alle pagine belle e dolorose scritte da Primo Levi e a quel bel libro della Arendt. E dentro la mia testa un po’ stanca (testa pronta a pensare le cose di fretta, a fare le cose di fretta) ho anche pensato che forse, dico forse, Primo Levi e Hannah Arendt non avrebbero scritto senza il processo di Norimberga e senza il processo a Adolf Eichmann. Erano persone intelligenti, Primo Levi aveva capito tanto, tantissimo, dalla sua esperienza in un campo di concentramento però penso che senza quei processi, quella lentezza, quel porre domande agli aguzzini (molto dei quali, poi, sono stati condannati a morte) noi oggi non avremmo capito cosa è stato il nazismo e la macchina infernale che ha inghiottito un numero spropositato di ebrei, zingari, nemici politici, nemici semplici e omosessuali.


Se i kapò, se quelli che hanno torturato, se quelli che hanno organizzato un regime fossero stati ammazzati immediatamente (per colpa della furia o della rabbia incontrollata) io oggi, molto probabilmente, sarei una persona cattiva oppure semplicemente infelice, che vive d'istinti. Non proverei compassione, non saprei che il bene e il male sono dettati anche dalla banalità (insisto con la banalità, ma magari qualcuno non è d'accordo) o da vicende silenziose ma devastanti  se incastrate secondo logiche inusuali.

So chi era Mussolini, so cosa ha fatto e detto, e saperlo appeso come un porco (era Gadda che lo chiamava "il porco"?) non nego che allora mi avrebbe dato, come si suol dire, una bella sensazione,  anche se un poco malvagia. Perché in fondo pure io sono malvagio. Perché in fondo in fondo, se mi levate il mio lavoro, la mia casa, la mia serenità che sta in piedi su quattro cose pagate a rate, potrei esserlo anch’io un malvagio. Perché per essere cattivi basta un meccanismo ben oliato e zac, che si arriva a costruire un efficiente campo di concentramento. Oppure potrei diventare semplicemente razzista, come lo sono Umberto Bossi o Calderoli o Borghezio (perché quando parlo di razzismo non riesco mai a pronunciare il nome di Maroni?) e come lo sono i loro elettori. Sono persone speciali, queste? Per me no, sono persone banali. Un po’ più egoiste e nervose delle altre.

Non sto dicendo che Mussolini e Gheddafi andavano processati (non ho l'autorità per dirlo), sto solo dicendo che senza il processo a Eichmann saremmo gente persa e sola, antifascisti solo perché, come il signor P, nemici della retorica. Primo Levi, addirittura, era contro la pena di morte per i suoi aguzzini. Lo dice in un libro che si intitola Conversazioni e Interviste 1963-1987. Niente pena di morte, a patto che si pentano, dice. E per pentirsi, penso, c’è bisogno di capire e per capire c’è bisogno di fermarsi e guardare il male fatto a se stessi e agli altri. Ecco, questa è la mia idea di processo da fare a chi ha compiuto il male. Quasi servisse più a noi e ai nostri figli che a loro. 

Io un giorno non ci sarò più, mi dicono. Bene, sarebbe bello che chi viene dopo di me possa avere un cannocchiale per guardare quelle cose lontane che stanno dietro di lui, là in fondo. Come è potuto succedere, si chiederanno tra dieci, trenta, cinquant’anni. Come è stato possibile che un leader libico abbai tiranneggiato con la complicità di mezzo mondo? Perchè Gheddafi era così cattivo? Io non l’ho capito e sono sicuro che non sarà il tempo a consegnarci le risposte. Io, a questa cosa che sarà il tempo a stabilire, a dire, a farci capire, non ci credo. Con il tempo non si migliora. Si peggiora.

4 commenti:

  1. Due cose che scrivi più di altre, caro Disagiato, mi fanno prendere la tastiera del pc e scriverti di getto un piccolo commento.

    La prima: tu scrivi "Non sto dicendo che Mussolini e Gheddafi andavano processati (non ho l'autorità per dirlo)"; perchè mai tu non avresti l' "autorità" per dire una cosa oppure un'altra cosa? Che tipo di autorità tu stai richiamando? Non ti basta l'autorità che ogni singolo essere umano possiede, l'autorità e la dignità del libero pensiero?

    La seconda: tu scrivi "Con il tempo non si migliora. Si peggiora". Non sono d'accordo. Non riesci a vedere una evoluzione in meglio per l'essere umano, anche lungo i millenni? Davvero tu ritieni che se di evoluzione umana stiamo parlando questa possa essere soltanto definita una evoluzione in peggio?

    Un possibile tragitto evolutivo potrebbe essere quello del "due passi avanti ed un passo indietro". Due passi di ammodernamento ed un successivo passo indietro di aggiustamento conservativo.

    E' lo stesso disegno tratteggiato da Robert Pirsig nel suo scritto "Lila" (il prosieguo del forse suo più famoso "Lo Zen e l'arte della manutenzione della motocicletta".

    Buona fine settimana a tutti.

    Marco

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  2. Non so esattamente quale concetto tu metta dentro "libero pensiero" (posso intuirlo) però un giudizio o un'affremazione devrebbero reggersi anche su informazioni dettagliate e, semplicemnte, da modestia intellettuale. Mi è difficile giudicare la rabbia e la vendetta di due popoli (italiano e libico, nel nostro caso) che hanno subito la schizofrenia e le angherie di due uomini instabili.

    Sul secondo punto ho scritto male, hai ragione Intendo dire, alla fine di questo post, che il tempo da solo non basta a comprendere il passato e il presente. Il tempo orfano di analisi, competenza, studio, intelligenza e indagine a nulla serve se non a invecchiare male. Ecco, il rischio, per noi tutti, è quello di invecchiare male e ignoranti.

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  3. Caro Disagiato,

    anche io non so esattamente cosa tu metta dentro "autorità". Non è che magari avevi sulla punta della lingua una "autorevolezza"? E' questa ultima infatti che si potrebbe acquistare con il tempo dedicato alla ricerca di informazioni, allo studio, al tempo speso sull'accrescimento della conoscenza.

    Comunque sia, se autorità oppure autorevolezza, a me rimane davanti il protagonista chiamato libero pensiero. Non ho idea di cosa tu possa avere intuito ma per spiegare un pò meglio il concetto nascosto dietro il "libero pensiero" posso aggiungere che il dono principale di cui l'essere umano è dotato e che troppe volte non sembra sviluppare e sfruttare appieno è il pensare.

    Il pensare è potenziale in tutti gli esseri dotati della facoltà del pensiero, soltanto alcuni (ad ognuno di noi intuire la percentuale sulla somma totale degli esseri umani) riescono a mettere in atto ed a usare la facoltà.

    Sono così in accordo con il tuo scrivere finale "il rischio, per noi tutti, è quello di invecchiare male e ignoranti".

    Marco

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  4. La frase di P. che tu citi da Primo Levi, sta per me a evidenziare che non ci occorre molto per riconoscerlo.La Arendt scrive che non esistere il male politico assoluto ma solo la banalità del male politico. E che solo il bene può essere assoluto. E lo può essere tanto più quanto meno è complicato, cioè frenato da debolezze, servilismo, e sottomissione e soprattutto da senso ideologico del dovere. Il bene assoluto è il bene che riconosce e si oppone al male nel momento del suo inizio perchè non aspetta di vedere come va a finire, o del suo successo perchè non si aspetta niente dal suo successo: lo guarda nella sua monumentalità e lo ascolta nella sua retorica e lo riconosce. Anche il nazionalsocialismo ha avuto la sua resistenza, ma non per sconfiggere il male politico ma solo per riformarlo.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)