lunedì 17 ottobre 2011

Davanti a una birra, di sera

del Disagiato

Un paio di sere fa io e Marco ci siamo incontrati al solito posto per una birra e un panino. Andiamo sempre lì, in quel locale, perché la musica non è di quella che io sento tutti i giorni nel centro commerciale, perché la birra è buona e perché i panini, giganteschi, sono secondo noi tra i più buoni della città. Insomma, è un posto che ci mette a nostro agio. Così ci siamo seduti, abbiamo bevuto una birra, abbiamo mangiato e poi abbiamo preso un’altra birra. Marco parla molto, a differenza di me, e così mi ha raccontato del suo viaggio in Spagna, della sua moto comprata da poco e degli amici in comune che io, per vari motivi, ho perso di vista e lui no. C’è quello che si è sposato, mi dice Marco, c’è quello che tra poco si sposa, c’è quello che ora ha un bambino, c’è quello che si è trasferito a Pisa per lavoro, c’è chi non è cambiato per niente (allora qui io e Marco ci facciamo una bella risata) e poi c’è chi...c’è chi “io non riesco più a starci assieme perché quando si esce tirano di coca e a me questo non piace”, mi dice lui nervoso. Così, per amichevole complicità e per sottolineare, come ha fatto Marco, che non devono essere belle serate quelle passate con persone che utilizzano cocaina, faccio la faccia altrettanto nervosa. Allora, dopo la confidenza, guardiamo le altre persone sedute ai tavoli vicini e poi le nostre birre. Io aspetto anche che Marco dica qualcosa, che risalga, almeno lui, da un brutto silenzio in cui siamo sprofondati in pochi secondi

“Io non capisco”, mi dice lui, “Non capisco come è possibile crescere nello stesso quartiere, utilizzare lo stesso pallone e poi prendere strade diverse. Non riesco proprio a capirlo”. A questo punto a me viene in mente una cosa ben più inquietante, che con la cocaina non c'entra, ma che voglio assolutamente dire a Marco. “Devo confessarti una cosa ma, per favore, che rimanga tra noi. Ti ricordi di Riccardo? Ecco, Riccardo, qualche mese fa, mi ha confidato di essere andato con un travestito”. E Marco spalanca gli occhi e deglutisce e io mi butto a capofitto nel silenzio e lo guardo. “Come sarebbe a dire?”, mi chiede lui tanto per scansare una cosa che non so se era imbarazzo o che altro. “Sarebbe a dire che Riccardo ha pagato un travestito, punto e basta”, rispondo cercando di rendere la cosa il più normale possibile. 


Perché questa mia confidenza, e l’ho capito solo qualche secondo dopo avergliela fatta, era per dire che noi, uomini adulti, ora facciamo parte di un mondo davvero strano ma poi mica tanto. Era per dire che l’acquario in cui stiamo nuotando è vario. Parecchio vario. E ci sono le cose belle e ci sono le cose brutte, e ci sono le cose piacevoli e ci sono le cose scandalose. Anzi, spesso le cose che lasciano a bocca aperta, che riducono al silenzio, sono vicinissime a noi. E, insomma, per questo a Marco ho raccontato quello che ho raccontato. “Marco, c’è chi utilizza cocaina e c’è chi va a travestiti. Noi siamo questi. Noi possiamo essere questi”, gli dico quasi per provocarlo. “Pensi che non lo sapessi?”, ribatte lui. E poi, un po’ nervosi, diamo un sorso alle nostre birre e ci guardiamo attorno, ancora in silenzio, scocciati per aver dato alla serata quella piega. “Rimane la domanda, però”, dice lui. “Dimmi secondo te perché io no e lui sì. Dimmi cosa è successo nel frattempo, cosa è cambiato. Perché io e te siamo fatti in un modo e certi nostri amici in un altro”.

E allora penso subito che Marco, nonostante ci vediamo spesso, a volte spessissimo, non può sapere come sono fatto io e io non posso sapere veramente quello che accade a lui nei ritagli di tempo. Poi però scaccio amareggiato questo brutto pensiero e rispondo con troppa convinzione alla sua domanda. “Secondo me dipende dal grado d’istruzione”. “Cioè? Tu staresti dicendo che tu non vai a puttane perché hai letto qualche libro mentre loro no?”, mi dice Marco un po’ arrabbiato e allora io cerco di difendermi con un “Non volevo proprio dire questo, non volevo parlare di libri e letture. Volevo dire che il tempo speso sui libri e non i libri cambiano le persone. Ecco, volevo dire questo”. Al che Marco mi fa un sorriso (quanto era bello veder arrivare quel sorriso dopo ciò che ci eravamo confidati, dopo aver stabilito insieme che il mondo è brutto e triste) e poi mi dice: “Vaffanculo, che è meglio”.

Perché io no e loro sì? Cosa succede, a un certo punto? Rimane la domanda.

12 commenti:

  1. io m'immagino un asterisco in 3d, dove ognuno di noi è un segmento che parte da un punto attraversa il centro e poi se ne va dall'altra parte...
    Iniziamo il nostro cammino da punti diversi, poi ci avviciniamo, combaciamo pure in certi momenti e poi ci allontaniamo di nuovo in uno sviluppo naturale.
    Più lontani partiamo e più lontani finiamo.
    Non c'è un perché, è la legge dell'asterisco.

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  2. Ho frequentato persone (con cui ero amico e che adesso ho perso di vista) che leggevano molto più di me ma usavano anche più droghe.

    "Perché lui sì e io no." Sono in tanti a chiederselo: siamo quello che siamo per una predisposizione caratteriale o per le esperienze passate e l'ambiente che ci circonda? Io direi un po' e un po'.

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  3. Me lo chiedo spesso anch'io, anche se so che è un pensiero un po' fine a se stesso e spesso contiene una punta di giudizio, che è una cosa che cerco di evitare ma è inevitabile, non faremmo le scelte che facciamo se non pensassimo che, in quel momento, sono le migliori possibili. Succede la vita, e succede per tutti in modo diverso, e magari quando si hanno strumenti simili - strumenti che possono anche venirci dai libri, dalla *qualità* del tempo speso sui libri, mi viene da dire - certe scelte non possono che somigliarsi, ma non è mica detto. Perché tu sei tu e loro sono loro, diviso per il loro numero, lui, lui, lui, lui.

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  4. Secondo me, e' dovuto a quanta "coscienza di se'" uno abbia. Quanto senta il "cogito" e di conseguenza il "sum".
    Perche' un sacco di scelte vengono fatte con una sorta di pilota automatico, e c'e' chi ha anche coca o trans nello spettro delle opzioni disponibili al pilota automatico.
    Chi fa manutenzione del "sum" (che non e' l'ego), ha meno probabilita' di fare scelte automatiche cazzare (ah, dopo tutto 'sto latino, ci voleva!).

    Senza nulla togliere a chi invece, dopo attenta riflessione, opta per la fruizione di droghe e prostitute.

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  5. Io e mio fratello siamo persone molto diverse e siamo vissuti nella stessa casa per molti anni. Per essere simili non credo serva a qualcosa leggere gli stessi libri o giocare con lo stesso pallone. A volte non serve neppure avere lo stesso DNA, figurati.

    La vita è una cosa complessa e nei sistemi complessi basta una virgola nel percorso e il cammino cambia in modo drastico.

    ilcomizietto

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  6. Per aiutarCi a capire consiglio la lettura di Fritjof Capra, La rete della vita.

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  7. PREESISTENZA

    Alcuni fra noi esseri umani pensa che la vita per gli esseri umani non cominci con l'unione fisica ovulo-spermatozoo (come d'altronde con una visione molto materialistica sembra convintamente dire anche il catechismo della chiesa cattolica) bensì molto prima di questa unione materiale e fisica, molto prima esistendo una presenza immateriale chiamata spirito umano individuale.

    Ecco, per chi come me crede e pensa all'esistenza di un nostro spirito immateriale preesistente all'unione fisica ovulo-spermatozoo riesce abbastanza logico e razionale pensare ad una serie di vite vissute che precedono questa ultima vita presente, questa vita "qui", nell'oggi e nell'ora.

    Per chi, come me, crede alla reincarnazione dello spirito immateriale individuale la ricerca del perchè e del percome del "perchè lui si e io no" affonda la sua radice nelle altre esistenze precedenti, con tutto il loro corollario di azioni ed omissioni.

    Alcuni lo chiamano anche "karma". E poi altre cose, tante.

    Marco

    http://www.youtube.com/watch?v=EF3Cs5lq6HU

    .

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  8. Guarda, a questo non ci avevo mai pensato. Ma proprio mai.

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  9. Ah le prime volte!

    Sono quasi sempre le migliori.

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  10. Perchè io no e loro si? Nella vita ogni persona è libero di fare la propria scelta giusta o sbagliata che sia, a volte... può essere anche imposta....però ogniuno deve scegliere ciò in cui crede e non seguire la massa come a volte si tende a fare. Sii sempre te stesso!! Ciao :-D Tizy

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  11. PERCHE'?
    QUESTA SETTIMANA HO RIVISTO UN RAGAZZO CHE IN UN PASSATO RELATIVAMENTE RECENTE HA AVUTO, SENZA VERAMENTE RENDERSENE CONTO , PROBLEMI DI DROGA, ALCOOL E CASINI PROVOCATI DAGLI STESSI.
    ADESSO, DOPO AVER CAMBIATO LAVORO ED ESSENDO STATO ACCOLTO COME IN FAMIGLIA (CHE NON HA MAI VERAMENTE AVUTO) MI RACCONTA DI COME SI TROVI BENE , DI COME ESSERSI ALLONTANATO DAI LUOGHI CHE FREQUENTAVA SIA PER LUI DI UN'ASSOLUTA SERENITA' ANCHE SE GLI CAPITA ANCORA CHE RAGAZZI DI 10 ANNI PIU' GIOVANI DI LUI, VADANO A CHIEDERGLI ROBA.
    MI CHIEDO COME SAREBBE STATO PER LUI ESSERE CRESCIUTO IN UNA FAMIGLIA DIVERSA, MI CHIEDO SE STO FACENDO TUTTO IL POSSIBILE PER I MIEI FIGLI PER DARE LORO CIO' CHE A LUI E' MANCATO

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)