giovedì 27 ottobre 2011

Che bello se anche i librai

del Disagiato

Qualche giorno fa sono entrato in una libreria che non è la libreria nella quale lavoro io. Ero in città e ho pensato di provare a vedere come si sta in casa d’altri. Sono entrato e dopo una ventina di minuti ho capito che non solo la mia libreria non mi dà più emozioni ma anche tutte le altre librerie. Rispetto a circa cinque anni fa non ho più la curiosità di vedere cosa c’è di nuovo, non sento più il buon odore della stampa, me ne frego della bellezza delle copertine (le copertine sono studiate per vendere e non per stupire) e me ne frego dei titoli (i titoli sono studiati per ruffianarsi il cliente e non per sottolineare un concetto).

Ho fatto bene, però, ad entrare per un solo motivo e cioè per notare come anche i commessi di quella libreria fossero parecchio sbrigativi e maleducati. “Scusi, dove posso trovare i libri gialli?”, ha chiesto un cliente e il commesso ha risposto nervosamente: “Dove c’è scritto libri Gialli, là in fondo”. Stessa risposta che avrei dato io. Cos’altro avrebbe dovuto fare il libraio? Magari essere più gentile? Magari accompagnare il cliente nel reparto interessato e magari dare un consiglio? Qualche cliente, nella libreria dove lavoro io, lo pretende. Molti clienti, a dire la verità, spesso desiderano essere seguiti da librai esperti, pronti a rispondere ad ogni domanda e a consigliare il libro giusto per il momento giusto. Ma questo capita raramente e solo in un mondo perfetto o in una società organizzata diversamente potrebbe accadere sempre.

Il libraio nella maggior parte delle librerie deve fare cassa, visto che un cassiere fisso non tutti possono permetterselo. Il libraio deve anche sistemare la libreria, portare i libri dal negozio al magazzino (non tutti, con la crisi che c’è, possono assoldare un magazziniere che faccia solo il magazziniere), portare i libri dal magazzino al negozio, pensare a un’elegante ed efficace esposizione, fare l’esposizione, aprire i colli dove ci sono i libri, sistemare i libri che stavano dentro i colli, mettere i libri dentro i colli per rispedirli al mittente, pulire il negozio (non tutti possono permettersi un uomo o una donna delle pulizie), contare i soldi a fine serata, tornare a casa, cucinare, pagare le bollette, fare la spesa, pulire casa, dare da mangiare ai gatti, differenziare la spazzatura e via dicendo. Il libraio, oggi, deve fare tutte queste cose.

Quindi, il cliente che vuole un libraio rilassato e pronto a consigliare il libro giusto dovrebbe volere anche un libraio pagato solo per leggere e consigliare quello che di buono ha letto. Le pulizie le potrebbe fare qualcun altro, la cassa anche e anche le cose di magazzino e anche i lavori che richiedono prestanza fisica. Ecco, sarebbe bello che il libraio conoscesse i libri e consigliasse i libri a tempo pieno. Sarebbe davvero bello. Sarebbe anche bello che a quasi tutti interessassero i libri e quelli che i libri li vendono. Sarebbe una cosa strepitosa che tutti quanti ritenessimo i libri (di tutti i generi) uno strumento per combattere il male, la classe politica nemica, la povertà, l’ingiustizia, la cattiveria e il razzismo. Ecco, sarebbe il massimo.

Sì, insomma, sarebbe bello che il libraio venisse pagato tanto per fare poco. Che è l’unico modo per fare cultura.

9 commenti:

  1. da, va con l'accento :) dà.

    Anche in un altro post c'era lo stesso errore.

    Complimenti per il blog ad ogni modo.

    A presto,
    Andrea

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  2. Siccome anche il cliente deve fare le stesse cose, non aspettarti che sia gentile ma piuttosto incazzato.

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  3. Caro Disagiato,

    tutto giusto quello che scrivi, tanto giusto che potrebbe agevolmente essere trasferito senza virgola ferire ad altre professioni che hanno a che fare con la crescita culturale e l'approfondimento del "conosci te stesso" filosofico.

    Visto che questo blog è scritto anche dal prof Scorfano ecco che anche lui potrebbe a giusto titolo rivendicare anche per la categoria dei maestri e professori un uguale trattamento, economico e di prestazione.

    Però io sono anche convinto che poco potrebbero fare i librari pronti e gentili ed i professori competenti e gratificati se la persona davanti a loro (cliente o studente) non abbia dentro di sè il sacro fuoco della sete di conoscenza.

    Per chi possiede questo fuoco sacro in misura bastevole sarà sufficiente un ammiccamento fatto dal libro in sua direzione dalla vetrina che apre sulla strada di passaggio. Oppure essere bastante il girovagare fra le colonne di libri esposti per leggerne la presentazione nei risvolti della sopra-coperta.

    Se l'aspirante lettore troverà accordo celeste e affinità "lettive" allora il volumetto sarà suo, checchè ne possa dire il librario.

    Il mondo perfetto non è ancora di questo mondo (alcuni potrebbero dire "per fortuna"), allora facciamo il nostro meglio per procedere con la materia che abbiamo a disposizione oggi: una vocina interiore mi dice anche ora che il mondo come lo abbiamo è davvero il mondo che ci occorreva, prima di venire al mondo.

    Altrimenti come potere modificare in meglio una cosa che si ritrovi già completa?

    Marco

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  4. "...pagato tanto per fare BENISSIMO E AL MEGLIO quel poco che dovrebbe competergli, così come per tutte le altre professioni". Sai allora quanti sorrisi. (dico solo questo: ho fatto diverse volte e per molti mesi la bibliotecaria nella mia università, nel senso che ero addetta al prestito più altre mansioni, quindi accoglienza del pubblico, prendere e rimettere a posto libri dentro un magazzino gigante, e così via; ricordo che c'erano delle mattine in cui, anzichè "velocizzare la fila", perdevo tempo con ogni singolo utente e gli spiegavo tutto quello che mi chiedeva, tipo gli insegnavo a poter compilare da solo il foglietto per richiedere un libro, lo aiutavo col sbn per cercare un libro altrove, e così via. i miei "colleghi, senza presunzione molti dei quali non avevano proprio voglia di fare un c@#!o, "velocizzavano invece la fila". e mi ricordo che quando mi prendevo questi tempi, e lavoravo, di brutto, altro che, ero così felice. mi sembrava proprio che stare lì avesse un senso, il mio stare lì. non mi interessa il discorso del "lo fai per sentirti utile, bla bla". certo, è ovvio che lo si fa per quello. e insomma capitava che i miei modi, che sulle prime apparivano bruschi, venissero poi sempre ricompensati da quella che a me sembrava sincera gratitudine, per "averci perso tempo", con l'utente, e non sbrigare la cosa così, rapidamente. io ci credevo e continuo a crederci. e quando la sera tornavo a casa e sbraitavo ed ero esaurita e pensavo "chi me lo fa fare", quanto "subdolo"e sano autocompiacimento nelle mie parole, e per quanto esasperata, stavo bene. ma bene bene bene. mi sembrava che in quel modo là io stessi davvero dando qualcosa, facendo qualcosa per gli altri. e una sera, uno degli ultimi giorni, ebbi come l'intuizione che quella cosa lì, significasse amare. o almeno una delle tante declinazioni del verbo).

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  5. sono assolutamente d accordo con marco,... la vera sfida e libidine è fare le cose con passione anche se nn abbiamo tempo, voglia, testa, denaro,... e spesso l effetto collaterale è che stiamo meglio anche noi... qsiasi sia la ns professione, attività principale,.... (mamma sola con tre bambini e commercialista a tempo perso)

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  6. Laura
    Splendido commento, Laura, e davvero grazie per averlo scritto. Mi hai fatto venire voglia di fare bene il mio mestiere e sono pochissime, spesso nessuna, le persone che mi danno questa spinta. E appunto perchè questa spinta manca che spesso in negozio io e miei colleghi siamo frettolosi, pressapochisti, duri con il cliente e lenti con la parola. Colpa, ovviamente, anche dei ritmi insostenibili che certe volte (sempre meno) dobbiamo affrontare.

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  7. Cambi la parola librai e ci metti una professione qualsiasi, tipo "medico", "sistemista", "avvocato", "bancario", "cassiere", "sturacessi" e il tuo post rimane valido: tempi stretti, mansioni non pertinenti, paga bassa (ok, l'avvocato prende di più del cassiere, però non tanto quanto vorrebbe, esattamente come il cassiere), eccetera. E' una situazione comune o è "sbagliata" l'analisi?
    ilcomizietto

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  8. Io ho parlato per me, ovviamente. Per il resto penso che molte professioni siano toccate da un ritmo accellertao innaturale.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)