La seconda epigrafe del libro di Alessandro Baricco I Barbari (Feltrinelli 2008) parla di Beethoven. È il 7 maggio 1824 quando il musicista suonò la sua Nona Sinfonia, che diverrà – in quel momento ma non dopo - la musica dei barbari. I critici musicali, invece, la stroncarono: "Eleganza, purezza e misura, che erano i principi della nostra arte, si sono gradualmente arresi al nuovo stile, frivolo e affettato, che questi tempi, dal talento superficiale, hanno adottato. Cervelli che, per educazione e abitudine, non riescono a pensare a qualcosa d'altro che i vestiti, la moda, il gossip, la lettura di romanzi e la dissipazione morale, fanno fatica a provare i piaceri, più elaborati e meno febbrili, della scienza e dell'arte. Beethoven scrive per quei cervelli, e in questo pare che abbia un certo successo, se devo credere agli elogi che, da ogni parte, sento fiorire per questo suo ultimo lavoro". I Barbari, dicevamo. Ma chi sono i barbari, secondo Baricco? Sono persone che scoprono di avere delle branchie dietro le orecchie, branchie che permettono di andare in acqua e di vivere là dove la gente normale non può stare. Chi ha le branchie mette in moto la mutazione e la mutazione permette di rendere capolavoro ciò che prima era solo frivolo e affettato. Come è successo con la Nona Sinfonia. E noi come abbiamo reagito alle parole del pianista Giovanni Allevi? Come accogliere l'idea che la musica classica debba essere facilmente fruibile?
La prima reazione possibile è quella di pensare che chi ascolta Allevi - i più o meno giovani che si annoiano ascoltando la musica di Beethoven - è gente che ha le branchie dietro le orecchie. Lo stesso Allevi sta tracciando una mutazione, sta disegnando una nuova mappa musicale. Oggi lui è un musicista sopravvalutato, domani sarà un genio, un uomo che ha dato il ritmo di Jovanotti alla musica classica, e noi tutto ciò non lo avevamo compreso. Oppure lo abbiamo compreso troppo tardi. I gusti cambiano e vengono stravolti non perché i barbari distruggono, stravolgono o uccidono i padri, ma perché sostituiscono un paesaggio a un altro, fondando un nuovo habitat. Quelli che chiamiamo barbari sono, appunto, una specie nuova. Accade anche in libreria. Ogni giorni i libri più venduti sono libri frivoli, ricchi di facili e furbi colpi di scena: libri che hanno un ritmo avvincente. Io, in libreria, scuoto la testa. Ma come succede nel caso di Allevi, dovrei pensare che i tempi stanno cambiando o che sono già cambiati: la mutazione, le branchie dietro le orecchie, l’acqua, il nuovo habitat, una nuova mappa da ridisegnare. Mi sono comportato come uno snob anche quando ho letto il vincitore del Premio Bancarella: Ti prego lasciati odiare (Newton Compton). Ma anche in questo caso farei bene a tenere a bada i miei istinti e i miei rigurgiti e pensare che la letteratura sta cambiando, e che i lettori di oggi stanno tracciando nuovi percorsi, nuovi gusti. I nuovi lettori hanno branchie dietro le orecchie e andranno là dove io, e molti di voi, non siamo capaci di stare: dove quelli respirano, noi moriamo, come dice Baricco. Noi, con i nostri banali polmoni, pensiamo ingiustamente di vedere apocalisse e corruzione.
La prima reazione possibile è quella di pensare che chi ascolta Allevi - i più o meno giovani che si annoiano ascoltando la musica di Beethoven - è gente che ha le branchie dietro le orecchie. Lo stesso Allevi sta tracciando una mutazione, sta disegnando una nuova mappa musicale. Oggi lui è un musicista sopravvalutato, domani sarà un genio, un uomo che ha dato il ritmo di Jovanotti alla musica classica, e noi tutto ciò non lo avevamo compreso. Oppure lo abbiamo compreso troppo tardi. I gusti cambiano e vengono stravolti non perché i barbari distruggono, stravolgono o uccidono i padri, ma perché sostituiscono un paesaggio a un altro, fondando un nuovo habitat. Quelli che chiamiamo barbari sono, appunto, una specie nuova. Accade anche in libreria. Ogni giorni i libri più venduti sono libri frivoli, ricchi di facili e furbi colpi di scena: libri che hanno un ritmo avvincente. Io, in libreria, scuoto la testa. Ma come succede nel caso di Allevi, dovrei pensare che i tempi stanno cambiando o che sono già cambiati: la mutazione, le branchie dietro le orecchie, l’acqua, il nuovo habitat, una nuova mappa da ridisegnare. Mi sono comportato come uno snob anche quando ho letto il vincitore del Premio Bancarella: Ti prego lasciati odiare (Newton Compton). Ma anche in questo caso farei bene a tenere a bada i miei istinti e i miei rigurgiti e pensare che la letteratura sta cambiando, e che i lettori di oggi stanno tracciando nuovi percorsi, nuovi gusti. I nuovi lettori hanno branchie dietro le orecchie e andranno là dove io, e molti di voi, non siamo capaci di stare: dove quelli respirano, noi moriamo, come dice Baricco. Noi, con i nostri banali polmoni, pensiamo ingiustamente di vedere apocalisse e corruzione.
Oppure potremmo pensare – e molti di voi, alcuni molto rumorosamente, l'hanno fatto in queste ore - che chiunque ha diritto di ascoltare la musica di Giovanni Allevi ma che però la musica seria e colta sta dentro una tradizione e che questa tradizione va difesa, curata e rispettata. Insomma, potremmo pensare che Allevi ha detto una puttanata. Capita a tutti, ci mancherebbe. Potremmo pensare che per capire e ascoltare la musica classica l’ideale, in un mondo perfetto, sarebbe quello di avere un’educazione musicale: l'ideale sarebbe studiare. Io, buttando un occhio al mio mestiere, farei bene a pensare che da qualche parte dentro e fuori dalla libreria sta succedendo qualcosa di strano, di anomalo. E farei bene a pensare che per apprezzare i buoni libri, quelli che mancano di ritmi orecchiabili, servono studio e dedizione. Molta concentrazione, anche. Forse farei bene a pensare che questa cosa delle branchie dietro le orecchie e delle mappe da ridisegnare non è una buona descrizione di quello che sta accadendo qua dalle nostre parti: i dischi e i libri sono prodotti fabbricati esclusivamente per far guadagnare tanti soldi, e non elementi di un nuovo paesaggio. E per guadagnare serve un consumatore acritico e serve qualcosa che si possa consumare e digerire facilmente. Non serve studiare. Non è richiesta intelligenza.
Ecco, volevo dire che in futuro, per altre questioni, dovremo scegliere una di queste due reazioni. E sarà una decisione importante.