lunedì 1 luglio 2013

Da seduti

del Disagiato

Nella fotografia che vedete c’è uno sgabello molto simile allo sgabello che la nostra responsabile utilizza in negozio, in fianco alla cassa. Lei, a differenza di noi, non sta quasi mai in piedi, perché il suo lavoro prevede l’utilizzo del computer per: per ordinare i libri, per leggere e sistemare circolari protocolli bolle, per scrivere mail, per compilare tabelle di vario tipo e poi altri lavori che non ho ben capito. Insomma, mentre noi passiamo tutto il tempo in piedi, lei passa la maggior parte del suo tempo seduta su quello sgabello. Non che faccia solo quello, ci mancherebbe, ma lei arriva in libreria e poi, quasi subito, si siede. Noi, come mosche, le giriamo attorno, ronziamo di qua e di là, vendiamo e impiliamo libri. Lei, visto che è vicina alla cassa, molte volte si alza e prende il denaro dei clienti. E poi si risiede. Quando la responsabile è su quello sgabello, la sua faccia diventa seria e concentrata. A volte, fissando lo schermo, mi dice: "prendimi per favore un elastico"; "mettimi nella fotocopiatrice un po’ di fogli A4"; "potresti andare in posta a vedere se c’è qualcosa per noi?"; "puoi spegnere il condizionatore?"; "puoi accendere il condizionatore?"; "mi andresti a prendere un caffè?"; "saresti così gentile da chiamare il rappresentate della Giunti e dirgli che il codice che mi ha dettato ieri è sbagliato?". Ecco, con più o meno serietà, su quello sgabello ci dice di fare delle cose. E poi, da brava responsabile che è, fissando lo schermo, capita che ci riprenda: "devi essere un po’ più calmo con i clienti"; "devi essere un po’ più veloce quando sistemi i libri"; "alzati i pantaloni che ti si vedono le mutande". Poi, quando il suo lavoro, lì seduta, è terminato, riporta lo sgabello in magazzino e se ne va a casa, o si mette a fare quello che tutti i giorni facciamo noi. 

A volte, quando la responsabile non c’è, il lavoro di ordinare i libri, sistemare protocolli o circolari e scrivere mail, lo facciamo noi.


Allora, a turno, andiamo a prendere lo sgabello e poi ci sediamo davanti al computer. E qui succede una cosa davvero strana. Succede che chi si siede su quello sgabello diventa serio e comincia a dire: "potresti per favore mettermi dei fogli A4 nella fotocopiatrice?"; "mi cercheresti per favore questo libro?"; "prendimi un evidenziatore". Insomma, chi si siede su quello sgabello diventa come la nostra responsabile. Qualche settimana fa io mi sono seduto e poi mi sono scoperto a dire a una mia collega: "mi andresti a prendere un caffè?". E la mia collega non si è messa a ridere. Anzi, è andata a prendermi il caffè, come se avessi una qualche autorità. La stessa collega che l’altro giorno è andata a prendermi il caffè, l’altro ieri si è messa davanti al computer seduta sullo sgabello e a una mia domanda mi ha risposto così, senza guardarmi: "per favore, adesso non disturbarmi". Un'altra mia collega quando si siede su quello sgabello diventa più che seria, si cala totalmente nella parte. Qualche giorno fa, infatti, a una nostra collega che stava mettendo dei libri in vetrina, ha detto: "vedi di fare una bella vetrina". Noi, che non siamo i responsabili di questa libreria, quando ci sediamo sullo sgabello che utilizza quotidianamente la nostra vera responsabile, ci trasformiamo. 

Siamo noi ad essere strani e ambigui – non più innocenti librai ma uomini pronti alla scalata – o è lo sgabello? Di chi è la colpa: è colpa dei nazisti o è colpa dei forni crematori? Colpa dei nazisti che hanno utilizzato i forni crematori, ovviamente. Però io temo lo sgabello. Tutte le volte che lo vedo entrare in scena, penso che qualcosa cambierà, che verrà meno la complicità, che tra poco verrà a galla non dico la prepotenza, ma quasi. È la vera natura di noi commessi. Ci piace, non appena ne abbiamo l’occasione, comportarci come i capi, essere lapidari, dare ordini, eliminare i “per favore”. Siamo fatti così. Però io temo lo sgabello. La responsabile dovrebbe portarselo con sé ogni volta che lascia la libreria. Sarebbe una buona soluzione.