mercoledì 11 aprile 2012

la parola «studio»

di lo Scorfano

Mi sono preso un po' di tempo, stamattina, per leggere il lungo post che Claudio Giunta ha pubblicato qualche giorno fa (nell'anniversario dell'incontro tra Laura e Francesco Petrarca, come lui ben sa) sul suo blog, a proposito della cultura umanistica e del suo possibile futuro. E siccome penso che esprima idee molto condivisibili, e che lo faccia in lingua piana e gradevolissima, ho pensato che forse (grazie a questo tardivo link) anche qualcuno tra coloro che passano di qua avrà voglia di dedicarci un po' del suo tempo, non si sa mai. 

O almeno avrà voglia di leggersi le righe finali di quel post, importanti, righe che dicono cose sulle quali anche su questo ben più modesto blog si è avuto modo di ragionare in passato (cfr. per esempio qui, qui e qui), e che sono queste:
I libri, la musica, i quadri, i film migliorano l’esistenza: vorrei che tutti avessero la voglia e la possibilità di dedicare a queste cose una parte del loro tempo, soprattutto nell’età della formazione. Vorrei però anche che la battaglia per l’umanesimo venisse fatta con un po’ di senso della realtà.  
Questo senso della realtà si manifesta per esempio, a mio parere, nell’accettare che esistono dei limiti a ciò che lo Stato può fare (cioè: finanziare) nel campo della cultura e dell’istruzione, e che dunque devono esserci delle priorità. Una contrazione nel numero e nelle dimensioni delle facoltà umanistiche mi pare necessaria: non si tratta di impedire al popolo di acculturarsi, si tratta di essere minimamente realistici circa le possibilità d’impiego di un laureato in discipline umanistiche. Una selezione all’ingresso, o un maggior rigore in itinere, permetterebbe anche di restituire un valore a questa laurea, oggi screditata dalla pratica del 110 e lode erga omnes. Senso della realtà significa anche accettare il fatto che la ricerca umanistica non costa e non deve costare tanto quanto la ricerca scientifica, e dunque è giusto che buona parte del poco denaro che lo Stato può investire sia destinato alla seconda e non alla prima. Riconoscere questa che a me pare un’ovvietà ci metterebbe forse nella condizione di poter spiegare, pacatamente, che la ricerca umanistica non procede affatto né a forza di progetti milionari (quanti soldi sperperati nella ‘cultura accademica online’!) né a forza di congressi internazionali (quanti soldi sperperati in catering!); potremmo spiegare che la stessa parola ricerca è abusiva, e che sarebbe meglio tirar fuori dalla soffitta la vecchia, umile parola studio, una pratica che per essere svolta ha bisogno soltanto di scuole e università decenti, di buone biblioteche e del denaro sufficiente a far vivere in modo dignitoso le persone che studiano e quelle che aiutano gli altri a studiare. Il resto è superfluo; e al superfluo, in tempi di crisi, è giusto rinunciare.
 

22 commenti:

  1. Quello che non capisco è perché le genti per acculturarsi dovrebbero laurearsi in materie umanistiche. Guardando il mio orticello, è come dire che per capire un po' di matematica debbano laurearsi in matematica...

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    1. Concordo con il solito buonsenso di .mau.
      Credo che per acculturarsi bastino due occhi e un cervello! (poi ci sono le biblioteche pubbliche, non occorrono neppure i soldi!).

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    2. E poi credo che dentro al cervello bisognerebbe coltivare un qualche cosa di immateriale che assomigli tanto ad un orticello ben curato, innaffiato, potato, amato.

      Insomma non basta la materia (grigia o colorata) se non è allenata alla possibilità creativa e creatrice. Che è poi a ben pensare e vedere l'allenamento che è demandato anche alla scuola, per indirizzare i fanciulli in crescita e in approfondimento.

      Ecco che scrive bene il Professore quando dice "I libri, la musica, i quadri, i film migliorano l’esistenza", tutte quelle discipline ed "arti" che risveglino la volontà creatrice dell'individuo.

      Si vede in circolazione tale disposizione d'animo nei nostri governanti?

      Marco

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  2. Platone sosteneva che i politici dovevano essere dei filosofi. Vedendo la pochezza culturale dei nostri "politici" mi vien da ridere per non piangere. Marx filosofo ispirò il comunismo. Biagi il giuslavorista fu inviso a qualcuno per le sue teorie tant'è che lo uccisero. Il capitalismo ha avuto e ha i filosofi sostenitori della teoria della legge del più forte (economicamente).... ma il tenere nell'ignoranza il popolo ha evidentemente i suoi vantaggi (vedi Berlusconi e le sue tv)

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    1. Uhm uhm... magari una "triarticolazione" del corpo sociale in cultura, politica ed economia?

      Tre organismi che interagiscano fra loro e reciprocamente si limitino e si aiutino?

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    2. Platone pensava che i filosofi dovessero comandare tutto e avere le donne migliori. Caso strano, Platone era un filosofo.

      Per il resto, non sono d'accordo praticamente in nulla con mina (il capitalismo e la cultura espressa dai paesi capitalisti e' un po' piu' complicata di cosi'. Berlusconi e le sue tv non sono espressione del capitalismo, ma del feudalesimo finanziario italiano).

      Uqbal

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  3. Platone sosteneva che i politici dovevano essere dei filosofi. Vedendo la pochezza culturale dei nostri "politici" mi vien da ridere per non piangere. Marx filosofo ispirò il comunismo. Biagi il giuslavorista fu inviso a qualcuno per le sue teorie tant'è che lo uccisero. Il capitalismo ha avuto e ha i filosofi sostenitori della teoria della legge del più forte (economicamente).... ma il tenere nell'ignoranza il popolo ha evidentemente i suoi vantaggi (vedi Berlusconi e le sue tv)

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  4. La questione del cultura umanistica come cultura generale vs cultura scientifica data alle Due culture di Snow, e probabilmente non ne verremo mai fuori.
    Sul resto, è tutto molto condivisibile. Certo, se l'autore di queste conclusioni così di buon senso aggiungesse anche che, per la sua storia personale (ah, la cultura on-line nei luoghi e coi maestri con cui lui ha studiato), sa anche di ritrattazione forse saremmo tutti più propensi a prenderlo sul serio.

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  5. Io sono molto d'accordo con Giunta, anche se non conosco bene i suoi passati scritti (e quindi non so se sia coerente oppure no).

    Quest'articolo fa un po' piazza pulita dell'umanesimo parolaio che da noi rimane comunque ampiamente vincente (Citati su tutti), ma secondo me e' un po' universocentrico, anche se qua e la' si parla di "scuola".

    A parte il caso specifico di latino e greco ( e ci sarebbe da dire!), a nessuno viene in mente che la scuola dovrebbe avere meno italiano, storia, geografia (ok, le ultime due sono state bistrattate, ma da un'incompetente...) e altre materie umanistiche. Se non fosse per la, ehm, peculiare situazione del nostro mercato del lavoro scolastico, l'insegnamento di lettere sarebbe un'opzione lavorativa come le altre.

    Le materie umanistiche secondo me non sono fatte per l'accademia. Appartengono a tutti e a tutti si rivolgono (o pensiamo veramente che Louvre, British Museum e Musei Vaticani siano solo per prof.?), con la scuola che dovrebbe fare da porta d'accesso e da buttadentro.

    Nella scuola si incontrano tradizioni, saperi, metodi e nozioni diversissime, con la possibilita' di un continuo e fertile scambio (anche e soprattutto senza l'interdisciplinarieta' d'accatto attuale). Nell'universita' no. Gli insegnanti di scuola dovrebbero essere quell'"intellettuale di massa", di cui parlava qualcuno (non ricordo chi), capace di analizzare, confrontare, riassumere ed indirizzare fino a diventare un crocevia di saperi, un vero pizzardone di conoscenza.

    E non mi sembra un desiderio impossibile...

    uqbal

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  6. «Le materie umanistiche secondo me non sono fatte per l'accademia.»

    Mannò, anche le materie umanistiche sono fatte per l'accademia: semplicemente non per l'accademia di massa.

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    1. No no...non sono fatte per l'accademia, tant'è che raramente gli autori che l'accademia studia sono passati per l'accademia stessa.

      Però non dico che l'accademia non serve: serve a fornire materiali e sussidi per l'umanesimo diffuso (o anche di massa, se si vuole). In altre parole, io insegno a scuola, ma i libri che mi servono per sviluppare le mie lezioni sono quelli universitari.

      Uqbal

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  7. eh già...il problema di questo paese sono le facoltà umanistiche, che andrebbero ridimensionate, perchè, povero, il governo ha dei limiti in quello che può fare...se la cultura e i centri del sapere umanistico vengono percepiti come un fardello, allora ci meritiamo i politici che abbiamo e la situazione economica e sociale che stiamo attraversano.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)