Recentemente sono entrato in una libreria di Brescia come cliente. Non capitava da tanti anni. Non che in tutto quel tempo non fossi mai entrato in una libreria diversa da quella nella quale io praticavo il mio mestiere, ma quando ero un libraio i sensi e la curiosità erano anestetizzati dall'abitudine. Ogni volta che entravo in una libreria, ad esempio, non sentivo più l’odore della carta stampata. I libri sugli scaffali erano volumi non da consultare e sfogliare ma da valutare se erano collocati bene o collocati male, in ordine o in disordine. La deformazione professionale, insomma, mi accompagnava costantemente in qualsiasi libreria del mondo. Nella fotografia qui in alto c'è l’insegna di una splendida libreria di Valencia. Bene, quando l’anno scorso ci entrai, la prima cosa che mi dissi fu: “Adesso voglio vedere qual è la differenza tra me e loro. Voglio vedere come qui dentro lavora il personale”. Entrai come un uomo d’affari e non come un lettore affamato o anche solo curioso.
L’altro giorno, finalmente, sono entrato in una libraria con il desiderio autentico di spulciare libri e magari, perché no, di acquistarne uno. Dopo anni, il mio ingresso e il mio naso sono stati toccati dall'odore della carta stampata che anche molti di voi ancora apprezzano. I miei occhi, dopo anni, hanno cercato di comprendere come fossero disposti i settori per meglio orientarmi e meglio assecondare le mie curiosità. “Allora essere clienti di una libreria significa questo!” mi sono detto non dando alcuna importanza alle facce dei commessi, alla pulizia del locale e alla buona o cattiva disposizione dei volumi. Ma soprattutto, l’altro giorno, in quella libreria, ho fatto una cosa che, da libraio, non facevo da tantissimo tempo. Ho cercato i libri di Erri De Luca. Seguendo un istinto sepolto da secoli, sono andato a guardare se per caso lo scrittore napoletano avesse pubblicato qualcosa di nuovo. Ripeto: non lo facevo da tanto di quel tempo che la memoria si perde. Una volta Erri De Luca era tra i miei scrittori preferiti ma poi, lavorando in libreria, è successo che ho smesso di seguire il suo passo, di mettere il mio orecchio vicino alla sua bocca. Erri De Luca ha smesso di essere quel punto di riferimento che era. Non che a un certo punto ha incominciato a scrivere male, a dire cose sbagliate o stupide, ma il fatto è che stando in libreria sono stato investito brutalmente dalla macchina commerciale che lo promuoveva: la pubblicità dei suo libri da esporre, le migliaia di copie dei suo libri da raddrizzare in vetrina e in negozio, le mail che ci avvisavano che il famosissimo e bravissimo scrittore avrebbe partecipato al programma “Le invasioni barbariche” di Daria Bignardi, le mail che ci avvisavano che il famosissimo e bravissimo scrittore Erri De Luca avrebbe partecipato al programma “Che tempo che fa” di Fabio Fazio, le mail che ci avvisavano che avrebbe, lui, partecipato al programma condotto da. E queste sono solo alcune delle “operazioni commerciali” che riguardavano e riguardano Erri De Luca (e tanti altri famosissimi e bravissimi scrittori). Quando qualche settimana fa dei politici hanno chiesto di boicottare i suoi libri (per la questione Tav) a me è scappato un sorriso. Ho pensato che quei signori chiedevano di boicottare non uno scrittore scomodo e, a suo modo, rivoluzionario, ma chiedevano di boicottare il mercato, il marketing, la pubblicità, la televisione, i soldi, il commercio. “Impossibile e controproducente”, mi sono detto.
L’altro giorno, invece (finalmente) ho cercato i libri di Erri De Luca, dopo tantissimo tempo. Da consumatore e da cliente è come se fossi ritornato al mio posto, come se avessi scavalcato di nuovo il muro che mi separava dall'entusiasmo che avevo perduto. Mi sono accorto di essermi riappropriato dei sentimenti che non conoscevo più. Adesso, da questa parte del muro, da consumatore meno consapevole e forse meno lucido e critico, Erri De Luca mi piace ancora tanto.