Potete leggere la prima parte di un post dello Scorfano, che ha rotto, anche se solo parzialmente, il suo silenzio.
Sono, come tutte le mattine, nella mia quinta liceo, davanti a ragazzi che conosco da tre anni e che sono nel frattempo diventati grandi, quasi uomini e quasi donne, pronti a partire anche se non sanno ancora verso dove e forse nemmeno il perché. Sono lì davanti e parlo loro di Montale, e dico che c’è stato un critico, una volta, che ha detto che i giovani soldati che partivano per il fronte durante la Seconda guerra mondiale, se erano buoni lettori, partivano con la raccolta montaliana “Le occasioni” custodita nello zaino, in previsione di notti che avrebbero potuto essere lunghe e solitarie. Mi sembra una bella immagine, e allora mi fermo un attimo per vedere se anche a loro, magari, sembra. E c’è una voce, dal fondo dell’aula (ed è la voce di Paolo), che dice: «E noi?» E io chiedo: «In che senso noi?» E allora Paolo insiste: «Cosa porteremo noi, nel nostro zaino, quando dovremo partire per la guerra?» (la prima parte della storia continua qui)