giovedì 21 marzo 2013

Il mio amico Vincenzo


del Disagiato 

Da un paio di mesi, quasi tutti i giorni, entra in libreria Vincenzo, ex muratore, in pensione da poco, completamente disinteressato ai libri e a quello che i libri hanno da dire o da raccontare. Entra in libreria per far passare un po' del suo tempo e per guardar le donne, e lo fa, questo, con un volume tra le mani, fingendo di leggere, con gli occhi che vanno oltre le pagine. Qualche settimana fa, di pomeriggio, ho incontrato Vincenzo al supermercato, in fila alla cassa e così, riconoscendoci, ci siamo lamentati sulle cassiere, tutte le cassiere del mondo, che lavorano troppo lentamente e poi, dopo due o tre altre cose dette per circostanza, ci siamo presentati con una forte e simpatica stretta di mano. Da quel momento per Vincenzo sono diventato un punto di riferimento. È vero, non lo nego, la sua occupazione principale, in libreria intendo, è quella di osservare le belle donne che consultano volumi d’arte o romanzi, ma è anche vero che questa sua principale occupazione è stata affiancata dalle urgenze e esigenze dell’amicizia. Vincenzo entra in negozio e mi racconta dei suoi denti che gli fanno male (qualche giorno fa, davanti a me e ai clienti, ha spalancato la bocca per mostrarmi un dente che non c'è più), dei suoi figli, dell’orto e del Milan. Una volta, con voce alterata dalla tristezza, mi ha detto che la moglie non vuole che lui stia troppo in casa. "Non vuole che me ne stia tutto il giorno sulla poltrona, così esco e vengo qui da te”, mi ha confidato. Vincenzo, che da quando è in pensione si sente come in trappola, cacciato dalla moglie va in libreria a trovare il libraio stanco. Buona trama per un racconto o per un film, vero?

In questi ultimi giorni, quindi, la mia impressione è che la nostra amicizia si stia rafforzando e che il suo interesse per le belle donne stia diminuendo. Magari mi sbaglio, ma ho come la sensazione che io, per Vincenzo, stia diventando come una persona speciale. Si confida, mi chiede come sto, mi racconta quello che va e che non va e poi, mentre mi vede indaffarato, mi dice: “Adesso vado a prenderti un bel caffè, così ti riposi un po' ”. E così, dopo qualche minuto, ritorna in libreria con una tazzina di caffè su un vassoio.

Le mie colleghe non hanno ancora ben capito chi sia Vincenzo. All’inizio pensavano fosse un parente ma poi ho spiegato che non è altro che un cliente con cui ho stretto amicizia. “Amicizia con lui?”, ha ribattuto una mia collega, sottolineando, penso, la differenza d’età. “Allora, cosa c’è di male?”, ho risposto io. Le mie colleghe hanno deriso silenziosamente questo rapporto nato in libreria fino a quando Vincenzo non ha cominciato a mettere sul vassoio un caffè anche per loro. Si chiama gentilezza. Però vi dico la verità: io non ascolto tutto quello che mi racconta Vincenzo. Non lo ascolto perché spesso lui parla mentre sto sistemando o cercando libri, perché molte volte non capisco bene cosa mi stia dicendo (parla in dialetto, e io il dialetto bresciano lo so così così) e poi, soprattutto, perché quello che mi racconta è noioso, poco interessante: l’orto, i denti, la difesa del Milan, il figlio che sta acquistando un’automobile nuova. E secondo me, ne sono quasi certo, Vincenzo sa che io fingo di ascoltarlo. 

E allora perché tutti i giorni, o quasi tutti i giorni, Vincenzo viene in libreria? Secondo me viene proprio perché fingo di ascoltarlo. A casa, invece, la moglie e i figli non lo ascoltano (o forse lo ascoltano subito pronti a criticarlo), non prestano un minimo d’attenzione a quelle cose che lui ha da dire e così, quasi costretto dalle circostanze, Vincenzo si alza dalla sua poltrona, esce e viene dal suo amico libraio, che a differenza degli altri finge di ascoltarlo. E magari anche lui, guardando una bella donna là in fondo, finge di ascoltarmi quando gli parlo della crisi editoriale e delle tattiche da cercare per superarla. Insomma, fingiamo, ed è proprio in questa finzione che sta la nostra, seppure giovane, sincera amicizia.

5 commenti:

  1. Tu apri delle finestre sul mondo che sono troppo interessanti per non riordinarle e pubblicarci un libro....

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  2. Si, ci starebbe davvero un bel racconto...

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  3. due solitari che fanno finta di uscire dalla loro solitudine. Bella trama :-)

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  4. ammazza che tristezza...

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    1. Condivido. Che peccato che la distanza tra le menti, e le culture, sia così spesso incolmabile.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)