del Disagiato
Lo so che lo sapete ma è sempre utile ricordare che la copertina, o la quarta di copertina, di un libro è studiata è progettata per
acchiappare l’attenzione di chi passeggia tra gli scaffali della libreria e non
ha bene in mente cosa acquistare, dove allungare la mano o posare gli occhi. Un
piccola trappola che si può evitare con il buon senso. Basta saperlo,
insomma. Le copertine belle non per forza fasciano un buon libro e una
copertina brutta non per forza contiene un pessimo libro, anche questo è utile saperlo.
Come sarebbe utile metterci d’accordo su cosa intendiamo con "bella" e "brutta". Facciamo così, stabiliamo che una copertina non ha nessun
significato, non vuole dire o annunciare niente: il contenuto è slegato dalla
forma. Sempre? Magari sempre no, però quasi sempre. Le copertine progettate
dalla casa editrice Einaudi spesso sono belle ed eleganti ma immagino che non
tutti i libri Einaudi siano belli o anche solo leggibili. Le copertine Adelphi
forse seguono lo stesso sentiero, i libri Newton hanno tecnici, selezionatori e
progettisti sia per le copertine sia per ciò che le copertine abbracciano e i
libri Mondadori a volte si presentano, nel contenuto e nella forma, con
coerenza e a volte no. A questo punto, vi sembra di avere le idee chiare? Vi
sembra che alcune case editrici siano più sincere e corrette di altre? Sì, può
darsi, ma non abbiamo presente tutte le copertine in commercio e tanto meno
possiamo aver letto tutti i libri che stanno in una libreria, quindi l’unica
cosa, secondo me, è fare un piccolo passo indietro e guardare tutto questo con
un po’ di serenità, poche certezze e qualche impressione in tasca. Quando se
ne presenta l’occasione, ai miei clienti ho deciso di dire: le copertine non
vogliono dire niente; a volte ingannano, a volte non ingannano. L’ideale
sarebbe non guardarle nemmeno, le copertine, ma il nostro mondo non è ideale.
Anzi.
Non so voi, ma io i miei vicini di casa non li vedo più.
Saranno i miei orari di lavoro, sarà che esco pochissimo, sarà che loro
escono poco, vai a sapere, sta di fatto che difficilmente ci si
incrocia. Le facce dei condomini di questa piccola palazzina che mi ospita
stanno diventando trasparenti, come capita con le facce sognate quando di
mattina apriamo gli occhi. D’estate, quando le giornate hanno qualche ora di
luce in più, ci riscopriamo, ma per il resto dell’anno ci si dimentica. Sento
le loro voci ma non vedo i loro corpi. Le uniche facce che vedo, a parte qualche amico, sono quelle dei
clienti e quelle degli scrittori che stanno sulle copertine dei libri. I
clienti sono di passaggio, gli scrittori sulle copertine (o quarta di
copertina) sono fissi, immobili, prigionieri. Stanno lì e ci guardiamo, tutti i
giorni, per lunghi periodi. Ora che ci penso vedo più loro che i miei vicini di
casa, anzi, se mi permettete una forzatura, gli scrittori sono diventati i miei
vicini di casa, ben visibili sui libri o sui cartelloni pubblicitari che esponiamo
fuori dal negozio o in vetrina. Loro parlano di me (i libri parlano di noi o sbaglio?)
e non vedo perché io non dovrei parlare di loro per come li conosco, senza,
magari, aver letto il libro che hanno scritto. Facciamo così anche con i vicini
di casa, no? Li giudichiamo senza conoscerli veramente, li guardiamo dalla
finestra, li osserviamo mentre loro sono di spalle e stanno aprendo il cancello
giù in cortile o stanno salendo in macchina. Però, come vi ho detto, è accaduto
che i miei vicini di casa ho smesso di guardarli e di incontrarli. Dalla mia
finestra, allora, guardo passare scrittori. C’è chi ha una faccia intelligente
e c’è chi ha una faccia stupida; c’è chi mi sta fregando e chi invece non sa
nemmeno dove sto di casa, come mi chiamo, che faccia ho, come la penso, per chi
voto.
In questa fotografia qui sopra ci sono due persone che sanno molte
cose sulla ‘ndrangheta. Quello a sinistra è il procuratore aggiunto Nicola Gratteri
mentre quello a destra è Antonio Nicaso, scrittore, giornalista e ricercatore.
Se non li conoscete e volete saperne di più, ci sono le loro biografie in rete
oppure ci sono i loro libri sulla mafia calabrese che si sta infiltrando là dove la mafia calabrese non dovrebbe infiltrarsi: La mafia fa schifo. Lettere di ragazzi da un paese che non si rassegna; La giustizia è una cosa seria; Fratelli di sangue. Gratteri scrive che un buon modo per combattere la mafia è la prevenzione: educate i
giovani, sostiene lui. Nicaso, invece, ha così tante informazioni sulla
‘ndrangheta, che tiene dei corsi anche negli Stati Uniti, oltre
che in Italia. Wikipedia riporta che Nicaso “tiene corsi estivi di storia della
questione meridionale e storia delle organizzazioni criminali per post laureati al Middlebury College (Vermont, Usa)”. Quando ho letto “corsi
estivi” ho sorriso e non so il perché. Ma questo è solo una piccola curiosità che mi
sono fatto scappare osservando Nicaso dalla mia finestra.
Insomma, Gratteri e
Nicaso hanno scritto dei libri insieme, a quattro mani, e sulla quarta di
copertina di tutti i loro libri c’è questa fotografia, in bianco e nero. Essendo sul
retro, Gratteri e Nicaso non li vedo tutti i giorni ma quasi. Li ho visti anche
l’altro giorno mentre pulivo il pavimento del negozio. Uno dei loro libri era su uno
scaffale, di costa, e alzando la testa dal pavimento ho visto queste due facce
in avvicinamento, o già vicine. Scusate il pettegolezzo, ma secondo me è
Nicaso, sulla destra, che sta parlando a Gratteri, sulla sinistra. Cosa si
stiano dicendo, non lo so e non posso saperlo; dove si trovavano in quel momento, neppure questo so. Li vedo in libreria e questo mi basta per capire
che la fotografia è efficace, che l’immagine funziona bene per rappresentare la
complicità tra un procuratore e un giornalista impegnati a combattere la
criminalità organizzata. Così tanta complicità che hanno scritto dei libri
insieme. Però il loro editore, Mondadori, ha usato questa fotografia non solo
per la complicità ma anche perché questa fotografia ricorda tanto quella
fotografia scattata dal reporter Tony Gentile nel rione della Kalsa, a Palermo, nel marzo 1992, nella quale Falcone e Borsellino stanno nella
stessa posizione di Gratteri e Nicaso: fotografia in bianco e nero, due visi
vicini, uno dei due che dice qualcosa all'altro, intimità, complicità, competenza, credibilità.
Già, la credibilità. Non per essere maligno, ma sembra che
Gratteri e Nicaso, quelli immortalati intendo, traggano forza non dalla loro fotografia ma da quello che la
loro fotografia prende da Falcone e Borsellino in quel lontano 1992, prima di
cadere nel baratro e nel mito. Posso dire che Falcone e
Borsellino sono dei miti? O forse è più opportuno dire simboli? La bocca
sorridente di Borsellino accanto ai baffi di Falcone ha generato non solo una
fotografia ma anche striscioni, bandiere e copertine. Capita ai grandi, questo,
non ai mediocri.
Mondadori ha utilizzato una trappola, piccola e non sofisticata, per i libri di Gratteri e Nicaso? Non so
proprio che dire. Mi sentirei un vicino di casa maligno a dire che sì, che
quella fotografia rappresenta due persone competenti che giocano a fare i
Falcone e i Borsellino. Basterebbe accostare le due fotografie per pensarlo. Ma
né io e né voi siamo vicini di casa maligni. Siamo solo gente che osserva fuori
dalla finestra e si fa venire qualche sospetto, qualche impressione. A volte
facciamo pettegolezzi, ci mancherebbe, ma siccome non abbiamo nessuna certezza, è meglio, certe cose, tenercele per noi. Perché potremmo
anche sbagliarci.
Bel post, però alla frase "gli scrittori sono diventati i miei vicini di casa" ho pensato che dovresti chiamare qualcuno e uscire più spesso ;^)
RispondiEliminaDovrei farlo a prescindere dalla frase ;)
RispondiEliminaNicola Gratteri da anni si fa un culo quadrato per parlare in tutte le scuole del regno di 'ndrangheta. Chiunque l'abbia sentito anche solo mezza volta non può che pensare che quella 'trappola' sia solo benemerita, se mai c'è stata.
RispondiEliminaE' un messaggio subliminale. Guardando la prima foto ho immediatamente pensato: "sono Falcone e Borsellino? No, e chi sono?".
RispondiEliminaLa foto ti fa pensare a qualcosa anche se, nel momento in cui la guardi, magari non riesci a cogliere qual è il riferimento che la tua mente, a tua insaputa ha fatto.
Chi ha scelto la fotografia secondo me sa fare il suo mestiere. Ora io in generale apprezzo le persone competenti nel loro lavoro, perché non mi sembra che siano molte.
Ha fatto una citazione se vogliamo, che è sempre meglio che scrivere quelle orrende frasi finte sulla quarte di copertina: "Un libro sensazionale che vi lascerà senza fiato. New York Times"