del Disagiato
L’altra sera, come è accaduto soprattutto a molti appassionati di calcio, mi sono emozionato davanti a Roberto Baggio, che è sceso sul palco dell’Ariston. Mi sono emozionato quando l’ho sentito parlare della passione, della gioia, del
coraggio e del successo e molto probabilmente devo aver stretto
i pugni quando ha detto “non credete a ciò che arriva senza
sacrificio”. L'ho imparato anch'io: ciò che arriva senza sacrificio
è un inganno, un qualcosa di effimero, caduco. Roberto Baggio è uno che ci
piace, come ha detto Fazio nel presentarlo. Baggio è un simbolo di tante cose,
molto probabilmente di quelle cose di cui, "senza arroganza", ha parlato lui rivolgendosi ai
giovani. Sono stato un baggista, se mai esiste
questo termine. Lui, per me, era il calcio. Il gol più bello, in assoluto, che abbia mai
visto è quello che potete vedere qui sopra, e non tanto per la spettacolarità ma per come ha reso facile una cosa difficilissima. E Roberto Baggio era davvero bravo a fare le
cose difficili, non scontate. Vorrei poi sottolineare che questo gol l’ha realizzato con la maglia della squadra della mia città, dopo un infortunio - l’ennesimo grave infortunio – che poteva porre fine alla sua carriere. Invece lui, grazie alla
passione e al sacrificio, ha continuato a giocare e a fare bellissimi gol, tra i quali
questo. Insomma, per me è stato un compagno di viaggio e non solo perché per tutti è stato, per circa vent'anni, uno dei migliori giocatori al
mondo. Però.
Però Roberto Baggio è stato
anche un vanitoso e un egocentrico. Se ha cambiato tante squadre non è perché non gli piaceva "mettere radici" o perché è importante "conoscere tante culture differenti", ma perché sapeva, detto terra terra, di dover stare in panchina, cosa che spesso tocca fare con sacrificio e umiltà, a volte come illogica conseguenza del sacrificio e dell'umiltà. Ma lui non ha mai tollerato la
panchina e non ha mai sopportato di non rientrare negli schemi e nei progetti immediati di una squadra.
Ricordo la sua faccia incredula quando Sacchi lo sostituì durante i mondiali
del 1994. Ecco, quello è Roberto Baggio. Carlo Mazzone riuscì a portarlo a Brescia
dicendogli: costruiremo una squadra attorno a te. E lui venne e fece
cose che a Brescia non avevamo mai visto: perché una società calcistica
costruiva partendo da lui, il grande giocatore che tanti tecnici non comprendevano o non volevano comprendere. Non so se il destino dei fantasisti, dei grandi giocatori, sia quello di dividere, di spaccare i ponti, però la mia impressione è che Roberto Baggio abbia frequentato il calcio da primadonna, per lunghi tratti del suo percorso, spesso facendo i capricci. Devo ammettere che a volte, da essere umano che l'ha spiato per vent'anni, mi sono ritrovato a imparare da
lui più la vanità e l'arte della solitudine anziché la passione, la gioia, il coraggio e il
sacrificio. E davvero non so se ringraziarlo.
Se sei bravo, vai dove ti valorizzano e dove ti danno spazio. Altrimenti non è umiltà, ma semplice penitenza controriformistica.
RispondiEliminaChi è bravo, e Baggio lo era in misura eccezionale, ha tutto il diritto di sfruttare i propri talenti.
Uqbal
confermo: se in un posto non ti considerano per quello che vali, meglio andarsene.....che ti debbano rimpiangere..
RispondiEliminaam
Confesso che gia' Baggio mi stava un po' in quel posto in quanto juventino, e poi, da sacchiano senza se e senza ma (e non sono neanche milanista), proprio per quel gesto durante Italia-Norvegia non l'ho piu' sopportato. Ha pure sbagliato il rigore durante la finale, proprio inutile :-P
RispondiEliminaBel post e capisco il punto.
RispondiEliminaPerò credo ci sia una differenza tra il costruire il proprio successo con passione e sacrificio e la consapevolezza del proprio valore, e credo che le due cose possano coesistere, entro certi limiti.
Hai ragione, e infatti per Baggio è stato così. È però anche grande il numero di nemici che si è fatto. Ecco, io mi sono chiesto solo questo: tutti i suoi nemici avevano torto? Tutti quanti?
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