Da sempre mi stupisce il successo che gli Elio e le storie tese hanno conosciuto grazie a noi. Sono bravi musicisti (lo sono, eccome), ma li ho sempre considerati un gruppo che fa ridere e basta. A me non fanno ridere, però comprendo i sorrisi e le sghignazzate del loro pubblico. Alcuni miei amici e anche alcuni intellettuali – Claudio Giunta ne parla quasi con commozione nel suo ultimo libro, Una sterminata domenica – pensano che siano dei geni, che abbiano aggiunto un qualcosa di davvero importante alla cultura e alla bussola che noi tutti dobbiamo o dovremmo utilizzare per capire le cose del mondo, per inquadrare meglio i fatti politici del nostro paese. Ad esempio, come posso giudicare Silvio Berlusconi o Matteo Renzi se ho costruito la mia serietà con le parole di Elio? In un racconto di Luciano Mastronardi un maestro chiede ai suoi scolari di fare questo tema: Perché dobbiamo esseri seri? Ecco, perché? Non lo so, davvero. Forse per coerenza, forse per salvaguardare la nostra intelligenza, forse per mantenere a debita distanza ciò che serio non lo è. Ciò che non è serio non è il male, ma è qualcosa che secondo me non ci aiuta. Sono bellissime le canzoni di Elio e degli Skiantos, ma sono canzoni comiche, buone per le feste infantili che ogni tanto vogliamo concederci. Però vorrei tanto, da moralista, che non fossero niente di più, che non facessero parte della nostra, scusate il termine, formazione. Spero di aver detto bene quello che volevo dire.