martedì 10 maggio 2011

libertà di insegnamento

di lo Scorfano

Sulla questione dei test Invalsi che sta agitando in questi giorni le acque delle scuole italiane «di ogni ordine e grado», non si può a mio parere ancora entrare nel dettaglio, perché bisogna prima analizzare con calma e serenità i test medesimi, che sono appena stati somministrati e che ancora non ho visto. Altrimenti stiamo tutti qui a parlare di qualcosa che non sappiamo bene cosa sia: il che non è bene.

Detto questo, e detto che è giusto che chi avrà l’onere di una correzione molto lunga e impegnativa venga adeguatamente retribuito per il supplemento di lavoro di cui si farà carico (io ne sono escluso, non si tratta di denaro che sto chiedendo a nessuno; e il mio dirigente peraltro ha già saggiamente deciso di pagare tutti…); detto questo, l’articolo di Luca Ricolfi pubblicato stamattina dalla Stampa può costituire un buon punto di partenza per una discussione senza preconcetti. Intanto perché mette in evidenza la strumentalità un po’ pretestuosa di alcune proteste; ma anche perché tenta, benché con un po’ di approssimazione, di disegnare i limiti oggettivi che questo tipo di prove può avere.

E tanto per capirci: fosse toccata a me la somministrazione dei test Invalsi (cioè, avessi avuto quest’anno una classe seconda), io: 1. li avrei serenamente somministrati, perché lo considero mio dovere; 2. avrei preteso di essere pagato per correggerli, anche a costo di scontrarmi con la dirigenza, perché lo considero mio diritto; 3. non avrei dedicato nemmeno dieci minuti del mio lavoro a una loro specifica preparazione; 4. non ne avrei tenuto conto nella valutazione finale dei miei alunni, visto che  loro (i test) non tengono conto di quello che io ho nel frattempo provato a insegnare ai miei alunni, e di come ho provato a farlo. E proprio quest’ultimo, a voler essere fino in fondo onesti, è il limite maggiore che i test Invalsi hanno: che valutano un lavoro che io non sono tenuto a fare e che soprattutto non è affatto detto che io debba fare come loro (i test, appunto) pretendono. Si chiama libertà di insegnamento ed è garantita dalla Costituzione.

18 commenti:

  1. Oltre all'articolo citato nel post, che racconta abbastanza bene alcune vicende relative ai test, l'unica fonte che mi sento di consigliarti è il sito web dell'invalsi stesso: http://www.invalsi.it/invalsi/index.php
    da cui potrai farti una tua idea.

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  2. Giorgio Israel, noto intellettuale di destra con il quale mi trovo (a malincuore) spesso d'accordo, ne ha parlato nel suo blog. qui
    http://gisrael.blogspot.com/2011/05/il-bluff-della-matematica-finlandese.html
    e qui
    http://gisrael.blogspot.com/2011/04/la-scuola-ridotta-corso-di.html
    e non ha torto.

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  3. Ciao, ti segnalo questo:

    http://scacciamennule.blogspot.com/2010/12/fare-test.html

    a supporto dell'ultimo punto di Ricolfi. Se spendi tempo ad allenare gli studenti a passare i test otterrai risultati migliori. Lo sa anche il ministero.

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  4. «L'esperienza passata ha mostrato in modo incontrovertibile che questa pratica produce risultati distorti, perché una parte degli insegnanti (specie nel Mezzogiorno, ma anche in alcune regioni del centro-Nord) aiuta gli allievi a compilare il test, con la conseguenza di assegnare vantaggi e svantaggi indebiti agli allievi, non tutti così fortunati da avere un insegnante complice. Le «correzioni» matematico-statistiche adottate per tenere conto di questo effetto possono anche funzionare a livelli molto aggregati (per una regione), ma sono pericolose e potenzialmente inique a livello individuale.» mi ricorda da vicinissimo la proposta de I Mille di ponderare i voti delle primarie.

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  5. @Knulp
    Ho letto il tuo post e posso dire che sono in sostanza d'accordo. Continuo a non sentirmi nemico dei test Invalsi: semplicemente non attribuisco loro l'importanza che secondo altri debbono avere, tutto qui.

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  6. Siamo d'accordo. Non è il test in se stesso che è cattivo, ci mancherebbe. Ma l'idea McKinseyiana (si può coniare un aggettivo così al volo?) che tali test valutino il ragazzo e l'insegnante in un colpo solo, e quindi lo stipendio degli insegnanti debba dipendere da queste cose, e altre cose del genere.
    Mi sembra follia (con metodo, ma pur sempre follia).

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  7. Scorfano, sono d'accordo con te su quasi tutto, ma dissento per quanto riguarda la corezione/tabulazione: NON TI SPETTA, e in quanto non rientrante nella funzione docente, non è neppure legittimo richiedere il pagamento delle ore impiegate per farla, se il DS dovesse rifiutarsi di pagare, ha il diritto dalla sua.
    tu, come docente, volendo sei nel pieno del tuo legittimo diritto se non solo ti rifiuti di tabulare/correggere, ma anche di somministrare e vigilare durante la prova, ché tutto cio (per legge, come ribadito da una recente sentenza dellAvvocatura di Stato) non ti compete, sarebbe come chiedere ai signori dell'Invalsi di correggere le tue versioni di latino.
    leggi il mio post:
    http://varienoneventuali.splinder.com/post/24435906/io-non-invalso-e-tu

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  8. @lanoisette
    In realtà c'è una nota del Miur (30 dicembre 2010) che dice esplicitamente: "La valutazione riguarderà obbligatoriamente tutti gli studenti delle predette classi delle istituzioni scolastiche, statali e paritarie". Poi so che si sono stati ricorsi e sentenze e anche ulteriori precisazioni del ministero...
    Vabbè, ora rileggo il tuo post (che avevo già letto), che magari capisco.

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  9. certo, la valutazione è OBBLIGATORIA, ma spetta in toto (somministrazione, sorveglianza, tabulazione, valutazione) all'INVALSI, che, secondo la legge, ha una funzione e un mandato completamente diversi, autonomi e indipendenti da quelli della valutazione spettante ai docenti (e viceversa).

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  10. Sì, ho letto il tuo post e ho capito. Al nostro collegio docenti abbiamo litigato 4 ore sulla questione della correzione e basta... Vabbè, lascio il post com'è, anche se è obiettivamente impreciso. Grazie.

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  11. Ho aspettato fino a oggi appunto per vedere com'erano. Certo, un test non è buono o cattivo in sé - per noi per esempio erano cattivi (troppo facili, oggettivamente): del resto il test è lo stesso per tutti gli alunni di seconda, indipendentemente dal tipo di scuola, quindi non può andare bene per tutti, e fare un test non fa male. Ma spesso si pretende che rispondere ad una domanda con una crocetta corrisponda a una valutazione oggettiva - e invece l'unica cosa oggettiva è la presenza della crocetta.
    Ora cerco di raccogliere meglio le idee :-)
    Però, sul compenso: anche nella mia scuola i correttori volontari vengono retribuiti. Ma sono i soldi del fondo d'istituto, che forse avremmo preferito (cioè, io magari avrei preferito) spendere in altro modo. Ma l'Invalsi di suo quanti soldi riceve?

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  12. Nell'impostazione di Ricolfi ci sono degli errori, secondo me.

    1) Il test, che io sappia almeno, non serve per testare gli insegnanti: testa lo studente, che può fallire o riuscire anche in proprio. Il test non dice se c'è continuità didattica, né indaga il background socioeconomico o altre varianti. E' solo un dato diagnostico, da inserire in un contesto più ampio.

    2)Non ha senso dire, secondo me, che il test esamina cose diverse da quelle che si fanno a scuola. Il test, preciso o meno che sia, chiede "Quanto capisce lo studente quando legge?". Cosa che mi sembra fondamentale. Il test non valuta la "cultura" o "la finezza argomentativa": per queste direi che ci sono io, insegnante presente in classe.

    Poi, Scorfano, secondo me la libertà d'insegnamento non c'entra. Si può insegnare in tanti modi, ma non si scampa: devo far sì che i miei studenti comprendano i testi che leggono.

    L'aspetto che io non condivido riguarda le domande sulla poesia (la cui polisemia non si presta a essere ridotta a quiz) e sulle figure retoriche (nozionistiche e inutili ai fini della comprensione: L'infinito è bello anche se non sai cosa è un enjambement).

    Condivido i dubbi sul "teaching to the test" e sulle possibili disonestà degli insegnanti.

    Scusate la lunghezza.

    FR

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  13. Ho messo un post su auleintempesta che riguarda il questionario allegato alle prove in prima media. Ti chiederei, e chiederei ad altri che siano interessati a capire COSA sta facendo lo Stato italiano tramite questi test, di passare a leggerlo.

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  14. @FR Non ho visto i test e quindi non ancora mi esprimo. Ma per quanto riguarda il nozionismo delle figure retoriche ho già scritto: se sai riconoscere ma non sai perché sono lì, e non lo spieghi, allora è come non saperle riconoscere.

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  15. @Castagna
    Ora è un po' tardi e rimando. Però leggo da tempo il tuo blog e quindi passo senz'altro. Grazie.

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  16. Condivido le numerose obiezioni al test INVALSI, tuttavia a mio parere il problema della valutazione dell'efficacia didattica rimane sul tavolo. Consideriamo l'esempio delle lingue straniere. Ora che si insegnano anche alle elementari, abbiamo dei ragazzi che dopo un iter di oltre 10 anni di insegnamento non raggiungono un livello dignitoso di comprensione e comunicazione. Possiamo concordare che questo costituisce un problema? Come accertiamo questo dato oggettivo che non traspare dalle valutazioni degli insegnanti? Cio' che mi sconcerta è constatare che all'interno della scuola questo non rappresenta un problema. Possiamo rifiutare il test INVALSI ma è bene ricordare che In tutto il mondo la certificazione della conoscenza della lingua avviene con certificazioni mediante test (IELST e TOEFL).
    Esiste uno spazio per mediare tra la valutazione dell'azione pedagogica, di per se stessa non riconducibile a termini quantitativi, e l'acquisizione di capacità, che sebbene non esauriscano l'azione didattica ne costituiscono una parte imprescindibile?

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  17. @Paolopost
    Secondo me lo spazio, quello della tua ultima domanda, esiste e va trovato. E' chiaro che sia necessaria una valutazione dell'efficacia didattica, io non penso che stia qui il punto da rifiutare. Peraltro, per quanto detto finore, i Test Invalsi non misurano tanto quella quanto produce una diagnosi (oggettiva, secondo loro: a questo non credo) dell'apprendimento degli studenti. Continuo a pensare che debbano essere due discorsi in parte diversi.

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)