domenica 29 maggio 2011

Odiare in più modi

del Disagiato

In questi giorni per ovvi motivi si è accostato il genocidio di Srebrenica al campo di concentramento di Auschwitz. Ad Auschwitz e negli altri campi di concentramento nazisti i morti furono molti di più ma il paragone o il semplice accostamento servono appunto a ribadire che l’uomo ha commesso un’altra volta una nefandezza, anche se di dimensioni minori. Adriano Sofri, ad esempio, dice presentando un filmato agghiacciante che precede l’orrore diretto da Mladic : “Quante cose abbiamo capito di Auschwitz da questo filmato”.

Cosa abbiamo capito? Quello che io ho capito è che le due occasioni che hanno portato allo sterminio e al genocidio sono assai diverse. Quello che è successo a Srebrenica è un episodio dettato da un folle e per giunta un episodio che poteva benissimo essere evitato. I caschi blu, gli olandesi, erano lì per evitare e proteggere, sapevano quello che la storia nei Balcani stava combinando ma voglio pensare che nessuno di loro immaginasse l’aberrazione che ne sarebbe scaturita. L’odio dei serbi aveva una sua storia, certo, ma mancava la burocrazia e l’organizzazione culturale che caratterizzarono gli anni tedeschi venti, trenta e quaranta del secolo scorso.

Il nazismo invece attecchì là dove l’odio non c’era ancora o aveva dimensioni banali e si fece forte tramite propaganda, retorica, istruzione e letteratura. Le pretese territoriali erano il prolungamento di una civiltà nuova che stava nascendo. L’espressione “razza ariana” era espressione che si spiegava e insegnava nelle scuole. Insomma, i campi di concentramento nazisti erano uno dei tanti paragrafi di un progetto politico e antropologico che una parte importante dei tedeschi aveva accettato o almeno tollerato. Il nazismo era prima di tutto una cultura, un modo di intendere le cose umane e del mondo che si diede forma pian piano, lungo gli anni, attraverso un’arida educazione sentimentale, propaganda e burocrazia. Questa freddezza rende lo sterminio nei campi di concentramento un evento mostruoso.

La superiorità della razza ariana veniva prima di tutto giustificata lontana dall’odio e dalla cattiveria. Ancora oggi esistono i germi di questa cultura. Ad esempio, pensare, come facevano i miei compagni di viaggio e la guida turistica Lonely Placet, che i marocchini siano gente a cui piace vendere non prima di aver trattato il prezzo del prodotto (altrimenti si offendono), è un filamento residuo della cultura ariana, un punto d’osservazione fascista e nazista. E il nazismo non è altro che un fascismo sottolineato. Certo, i marocchini trattano il prezzo ma sicuramente non perché si divertono un mondo a farlo. Lo fanno per colpa di una sottomissione, perché in balia di un luogo comune che io e altri turisti e politici locali rinvigoriamo ogni giorno. Questa sottomissione, e dite pure che esagero se volete, è il primo anello verso un razzismo più rumoroso e violento. Insomma, dire che i negri hanno il ritmo nel sangue e che i marocchini trattano il prezzo perché sono felici di farlo è cultura. La nostra, ovviamente.

3 commenti:

  1. io non compro mai. non sopporto di trattare. mi piace il prezzo fisso. ma stà storia che BISOGNA trattare mi fa perdere il piacere di comprare qualcosa che mi piace.
    è che sono aggressivi, un pò come tutti i commercianti con i turisti

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  2. "L'odio dei serbi ha una storia?" Mi sembra un affermazione denigratoria, razzista. Perche' pochi ricordano le sofferenze dei serbi nelle 2 guerre mondiali e nelle pulizie etniche subite nella Kraina nel 1993-1995?

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  3. Razzista? Perché? Intendevo dire che l'odio dei serbi ha delle cause, delle origini. Proprio a causa delle sofferenze subite durante le i conflitti internazionali.

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