lunedì 16 maggio 2011

La fronte del commesso

del Disagiato

Una piccola frazione di vita avviene nello specchietto retrovisore della macchina, tutti i giorni, tutti i mesi e da molti anni. Salgo in macchina e vedo un pezzo di me, quel pezzo terribile che conteggia gli anni più di tutti gli altri. Nello specchietto retrovisore vedo i capelli diminuire, i capelli farsi bianchi e vedo le prime rughe affiorare sulla fronte e una volta visto tutto questo collasso accendo la macchina e parto per andare a fare il mio mestiere. Durante il tragitto mi dico per sdrammatizzare che queste rughe sono come onde di mare, increspature marine e lo so amore mio che è una cosa stupida da dire a se stessi guidando una macchina e scalando marce, lo so, ma si sdrammatizza, si smussano gli angoli. Maledetto specchietto che mi racconta della mia vita messa in strane contabilità e fatturazioni. Maledetto rettangolo di vetro che mi dice ogni santo giorno come sono fatto, sfatto e quanto sono cambiato. Lo odio così tanto che non vorrei mai entrarci, in macchina. Vivere solo di grandi specchi, di quelli che mi pigliano tutto, che non fanno riassunti così azzeccati e spietati, fatti esclusivamente di fronti stropicciate e attaccature alte. Vorrei salire in macchina senza sentirmi dire niente, con la vita muta e le orecchie sorde.


Oggi, però, finito il mio turno di lavoro sono salito in macchina e nello specchietto retrovisore c’eri tu, che entravi nella tua di macchina. Non mi sono girato, ho preferito guardarti da lì.     
           Ti ho guardata mettere la borsetta in macchina e raccoglierti i capelli dentro ad un elastico viola. Ho guardato la tua gonna rossa con pallini bianchi, la maglietta nera. Oggi c’eri tu, nello specchietto e ho trattenuto il respiro come fanno gli innamorati che non possono avere e afferrare, ho ingoiato il mio fiato angosciato come fanno gli uomini che non si voltano. Oggi nello specchietto retrovisore c’eri tu mentre le mia labbra si muovevano per dire “Ti amo”. Anzi, ho guardato la mia bocca, la mia fronte, i miei capelli dire un “Ti amo” sbiadito, timido mentre sullo sfondo la tua gonna, i tuoi capelli, le tue gambe e le tue mani penetravano dentro lamiera e plastica. È stato bello e ti vorrei ringraziare. Appena entrato in casa ho preso Vetril e carta per pulire tutti i vetri dell’automobile, perché ti possano riflettere meglio. La prossima volta.

4 commenti:

  1. Oh che bello, il Disagiato innamorato :-)

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  2. Gonna rossa a pallini bianchi: la tua ragazza ideale.

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  3. “… Il mio amore per te, nel momento in cui ti allontani, appare per quello che è, gigantesco, ed è in lui che convergono tutta l’energia del mio spirito e tutti gli impulsi del mio cuore. Mi riconosco di nuovo uomo perché provo una grande passione, e la molteplicità in cui lo studio e la cultura moderna ci impigliano, e lo scetticismo con cui necessariamente siamo portati a criticare tutte le impressioni soggettive e oggettive sono fatti apposta per renderci tutti piccoli e deboli e lamentosi e irresoluti… Ma l’amore, non quello per l’essere di Feuerbach, non quello per la trasmutazione di Moleschot, né quello per il proletariato, ma l’amore per la donna amata, e particolarmente per te, rifà dell’uomo un uomo”. (Marx alla moglie, giugno 1856)

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)