del Disagiato
Qualche giorno fa, in libreria, ho capito una cosa davvero
strana e questa cosa strana è che ci sono canzoni talmente belle, e ovviamente
per me significative, da non riuscire più ad ascoltarle. Canzoni così perfette
che diventano micidiali, impossibili da disinnescare. Stavo sistemando libri, quando alla radio hanno “lanciato” una canzone che mi ero completamente
dimenticato quanto fosse, diciamo così, dolorosa. Di che canzone sto parlando?
Beh, insomma, se ho capito bene arriva un momento in cui ci si dice che odiamo
le classifiche ma che ora bisogna farne una. Magari a voi invece piacciono un
sacco, le classifiche, e quindi questo momento non l’avete mai conosciuto.
Ecco, magari per voi è così. Invece a me non sono mai piaciute o forse, lo
ammetto, non sono mai stato capace di essere schematico e deciso e quindi di
farne una. L’altro giorno, però, ho pensato di fare una classifica delle cinque
canzoni perfette (cinque, non so bene perché) della mia vita e che per questo,
e solo per questo, ho smesso di frequentare. Cattive compagnie, si dice. Ma niente classifica, non
ne sono stato capace. Così ho fatto una lista che non contempla un vincitore.
L’ultimo pezzo di questa lista potrebbe benissimo starsene al primo posto. Ho
preso carta e penna e ho scritto il titolo di cinque canzoni che non ho più
ascoltato perché troppo belle e dolorose e che ogni volta che le sento arrivare mi tappo le orecchie o, se posso, cambio stanza. Che poi, queste, secondo me, sono le
cinque canzoni senza sbavatura, compatte. Perfette, appunto.
Lou Reed, Perfect Day
Se pensate che adesso vi dica anno di composizione e fortuna del pezzo oppure mi metta ad analizzare le parole o le
strofe, girate pagina. La noia di questa lista sta nel fatto che vi dico il
perché non riesco più ad ascoltarla. Un post molto intimista, tanto per
cambiare. Nell’estate di parecchi anni fa (era 1996 o 1997) lavoravo come
cameriere in un ristorante dell’immensa provincia bresciana e verso fine
serata, quando era il momento di lavare e asciugare piatti, il proprietario del
locale accendeva la radio in cucina. La stazione che ci toccava ascoltare
mandava tutti i giorni, ma proprio tutti, alla stessa ora, questa canzone di
Lou Reed che a un certo punto a lei dice, o chiede, di dare insieme da mangiare
agli animali dello zoo, di guardare un film e poi di andare a casa. Che, molto suppergiù, è quello che facevo io e cioè davo da mangiare ai cani che stavano
in un cortile sul retro del ristorante e poi, terminato il mio mestiere,
scappavo dalla mia ragazza (Alice, si chiamava), a casa sua, per un film o
altro. Poco c’entra con il testo della canzone, lo ammetto, ma quei versi mi
facevano pensare a me, a quello che stavo facendo, all’amore che stavo consumando come un pasto in quelle sere d’estate (l’amore finisce quando comincia, ha detto una volta un amico al suo terzo bicchiere di birra). Quelli erano i miei giorni perfetti e lo so che
gli anni imbellettano e deformano i ricordi ma oggi Perfect Day non riesco
più ad ascoltarla. In negozio, l’altro giorno, quando questa canzone stava arrivando, ho abbassato il volume. “Perché
abbassi?”, mi ha chiesto una collega. Non ho risposto, ho cambiato discorso.
Una canzone terribilmente perfetta, secondo me. Senza sbavature e che per
fortuna dura pochissimo.
Coldplay, Yellow
Vinicio Capossela, Fatalità
A un certo punto mio padre rischia di morire per colpa di
una vena della testa che si buca, la ragazza mi lascia, scopro di non essere
capace ad affrontare gli esami universitari e una lettera dichiara che devo cominciare
a fare servizio civile con le Suore Ancelle della Carità presso un centro di
malati terminali di Aids. Non proprio un bel momento, davvero. C’era da
perdersi. E infatti mi sono perso e mi sono messo su false piste. Poi trovo per
caso Fatalità, canzone in cui si dicono queste parole bellissime: "il furbo l’ho
fatto una volta di più delle carte che ho in mano e lo scherzo non scherza col
gioco e con il fuoco". Non che fosse tutta colpa mia, ci mancherebbe, ma quella
canzone mi spiegò con molta gentilezza che stavo facendo il furbo una volta di
più delle carte che avevo in mano. Oppure che rischiavo di farlo, il furbo. E,
insomma, Fatalità mi ha rimesso in pista, mi ha ricordato che sono un essere
umano, un uomo che soffre come tutti gli altri uomini. Però non riesco più ad
ascoltarla (ma, lo confesso, ogni tanto mi faccio forza e la riascolto).
Mi viene da essere tristissimo e da ricordare quel buio e quei mesi che tanto
mi hanno tolto ma che tanto mi hanno restituito. In chiusura Capossela dice: "figli che mancate, amici di limpide serate". Ecco, non ho mai capito cosa
significhi “figli che mancate”. Invece “amici di limpide serate” lo capisco
bene. E mi mancano tantissimo i miei amici, dispersi, di limpide serate. Davvero tanto.
Qualcuno, su questo blogghettino o per mail, mi ha caldamente consigliato di smetterla di piangermi addosso. Già, il vittimismo, il mio sport preferito.
Non che voi siete molti diversi da me, eh. Sta di fatto che non mi sembra di
aver fatto grandi cose, nella vita. Non guadagno neppure molto. La colpa è mia.
E dei libri. I libri mi hanno addestrato a rimanermene solo e a non volere di
più. O forse sono io che dai libri ho pescato le cose sbagliate e che mi sono
fatto venire, inutilmente, i sudori freddi solo per il gusto di essere diverso,
speciale. Spesso penso che senza i libri sarei un po’ più felice, stabile e
magari, chissà, più ricco. Questa canzone più volte mi ha incoraggiato,
ricordandomi però tutti i fuorigioco e tutti quanti gli errori. Ho già vinto, mi dice Vecchioni. Non è vero, è una menzogna, ma gli ho creduto tante volte e
ancora gli credo. Non posso fare diversamente, ormai la nave ha preso il largo
e mi tocca cercare la rotta, il prossimo porto. Per poi ripartire e rimettermi
in mezzo al mare, con gli occhi chiusi, i pugni stretti, credendoci un po’.
Solo un po’.
Roberto Vecchioni, Sogna ragazzo sogna
Low, Down
Mi ricorda tanto l’inizio, la partenza. Ascoltavo questi sette minuti e mezzo di canzone durante le mie primissime settimane di lavoro in libreria. Allora pensavo, con l’ingenuità tipica degli ingenui, che mi stavo mettendo in un posto sicuro e privilegiato del mondo: in un luogo di cultura. Mi sbagliavo, ovviamente. Pensavo che i libri avessero a che fare con una cosa chiamata “felicita” e più precisamente “felicità interiore”. In seguito, invece, ho scoperto che i libri non sono strumento o arma di difesa, che non sono un posticino in cui rifugiarsi e proteggersi (ma voi capite le mie farneticazioni? speriamo). Pensavo che la libreria fosse un posto in cui il lavoro non era proprio lavoro e la fatica non proprio fatica. E invece no, i libri sono anche (anche) partecipazione, moda, commercio, mercato, pubblicità, menzogna, soldi e strategie. Lavorare in libreria, questa la cruda realtà, significa lavorare e faticare come da qualsiasi altra parte. Insomma, questa canzone (che secondo me sta incastrata in uno dei dischi più belli di sempre) mi ricorda l’ingenuità della partenza, i muscoli pronti allo scatto, l’inizio della via che ora sto percorrendo cercando di non zoppicare troppo. E per questo non la riascolto. Non l’ho fatto neanche adesso, per scrivere queste righe.
Mi ricorda tanto l’inizio, la partenza. Ascoltavo questi sette minuti e mezzo di canzone durante le mie primissime settimane di lavoro in libreria. Allora pensavo, con l’ingenuità tipica degli ingenui, che mi stavo mettendo in un posto sicuro e privilegiato del mondo: in un luogo di cultura. Mi sbagliavo, ovviamente. Pensavo che i libri avessero a che fare con una cosa chiamata “felicita” e più precisamente “felicità interiore”. In seguito, invece, ho scoperto che i libri non sono strumento o arma di difesa, che non sono un posticino in cui rifugiarsi e proteggersi (ma voi capite le mie farneticazioni? speriamo). Pensavo che la libreria fosse un posto in cui il lavoro non era proprio lavoro e la fatica non proprio fatica. E invece no, i libri sono anche (anche) partecipazione, moda, commercio, mercato, pubblicità, menzogna, soldi e strategie. Lavorare in libreria, questa la cruda realtà, significa lavorare e faticare come da qualsiasi altra parte. Insomma, questa canzone (che secondo me sta incastrata in uno dei dischi più belli di sempre) mi ricorda l’ingenuità della partenza, i muscoli pronti allo scatto, l’inizio della via che ora sto percorrendo cercando di non zoppicare troppo. E per questo non la riascolto. Non l’ho fatto neanche adesso, per scrivere queste righe.
le ascolto tutte (grazie)
RispondiEliminaLe prime tre note, di Perfect day, già le primissime, appena parte, valgono tutte le cinque canzoni insieme. Obbligano al silenzio, al raccoglimento, alla concentrazione. Se stai facendo qualcosa di banale la smetti, se stai correndo ti fermi, se stai parlando ascolti, ti costringono a migliorarti per pochi minuti, ad accendere l'antenna e assorbire quello che puoi.
RispondiElimina... proprio in questi giorni mi sono ritrovata a viaggiare e camminare per chilometri tenendo in mano il mio lettore mp3 senza riuscire ad accenderlo per motivi forse simili ai tuoi... canzoni e musiche troppo belle, troppo intimamente legate a cose, persone, luoghi lontani... e tra queste ci stanno anche Perfect Day e i Coldplay (e poi Alan Parson, Brian Eno, Muse, Radiohead, Depeche Mode, REM, U2 e tante altre) amate e inascoltate per lo stesso motivo. Ma forse, penso, dipende da una condizione personale del momento, spero passeggero. E, siccome non riesco a scindere emozioni e musica, ho deciso di non rovinarmi le canzoni della tua lista che ancora non conosco(come Low, Down) o che non mi rattristano (Vecchioni o Capossela) rinviandone l'ascolto a un momento migliore. Perché verrà... e si tornerà ad ascoltare musica bellissima e piena di significati e ricordi senza che faccia male...
RispondiElimina(Grazie delle confessioni del post, mi hanno fatto sentire meno strana!)
ohana
Lou reed è oggettivamente perfetto. "You made me forget myself I thought I was someone else (someone good)" (ché la perfezione è altro che non essere buoni). Come si fa a non commuoversi? Grazie.
RispondiEliminaMi sento ancora per una volta in linea con il tuo pensiero!
RispondiEliminaAnche io ho alcune canzoni che solo il pensiero di ascoltare mi
fa star male. Sono tutte legate a situazioni o a momenti particolari.
Per me è October degli U2 la canzone che mi fa piangere per forza anche se non voglio.
Anche io ti ringrazio per il post, anche io oggi mi sento un pò meno strana.
Anche se tutto sommato sono felice di essere "strana", non vorrei essere diversamente. E' bello avere una interiorità profonda, il brutto è che è difficile trasmetterla a volte.
apprezzo l'incrocio che fai di intimità, perfezione, canzone.
RispondiEliminaperché smettersi di piangersi addosso se lo si fa in maniera così bene ma così bene che è d'istinto abbassare il volume. p.s. Low d'eccezione.
Bella musica, belle parole. Grazie.
RispondiEliminac'è il luogo giusto per ognuno. io sono triste, io sono giù, la mia vita se ne va per conto suo, è lei che comanda, il tempo passa e io anche; non è vivere questo. è fluttuare senza senso nell'universo, agitarsi come la falena attorno alla lampada. come se gli atomi e le particelle subatomiche e le leggi fisiche avessero deciso che io devo stare male... quale movimento, quale forza porta alla mia tristezza, come libero arbitrio e leggi fisiche si accordano? è già tutto scritto o sto scrivendo? se è già tutto scritto, perchè esisto? se sto scrivendo io, perchè non so scrivere? forse tutti e due... finirà? finirà... questo è il blog della tristezza, e tu stai come me, empatia, nonostante tutto non siamo soli, e non può che far piacere. uno stupido sadico piacere.
RispondiEliminasai qual'è il problema dei libri, dei film, della musica, dell'arte, della droga, del vino? che ti danno l'illusione che tu stia vivendo...
RispondiEliminamolto bella la canzone dei low... non la conoscevo...
RispondiEliminama lo scorfano? è morto?
RispondiEliminaVivo. Ma provvisoriamente silente... ;)
EliminaAh... Bene dai, mi ero un po' preoccupato :)
EliminaE' bello regalare i propri pensieri, bel post.
RispondiEliminaè accaduto anche a me...anzi con una leggera differenza...in certi periodi della vita... è capitato di non voler ascoltare mai musiche lente, che parlano di amore...ma solo rock, caricanti... e poi invece altre volte non ho proprio più ascoltato musica...per poi reincontrarla...improvvisamente...aprire gli occhi, vedere più chiaro...e pensare...come ho fatto tutto questo periodo senza la musica...la mia musica..
RispondiEliminaMANNAGGIA, MI S'è ROTTO L'IMPIANTO STEREO, MA PENSA Tè KE SFIGATA KE SONO... E TU KE DICI D'ESSER DISAGIATO, CONSOLATI !!!
RispondiEliminaP.S. = Adoro Lou Reed, 1 grande !!!