martedì 29 aprile 2014

Non di come vivrà

del Disagiato




Giorgia Meloni ieri ha detto che Berlusconi avrebbe meritato la grazia di Giorgio Napolitano e che l’ex premier, accusato e condannato, andrebbe battuto “sul consenso della gente e sul piano della politica”. Giusto, quindi, per la Meloni, che Silvio Berlusconi continui a fare politica: perché ci sono ancora cittadini disposti a votarlo. Avrebbe, anche lei, ben accettato la grazia, quindi. Trovo che non ci sia nessuna corrispondenza tra il fare politica e i possibili voti. Non perché esiste chi può votare un fuorilegge deve di conseguenza comparire nel recinto della politica un fuorilegge disposto a farsi votare. Se c’è qualcuno disposto a votare un pazzo criminale non significa che un pazzo criminale debba stare in parlamento. Le parole, invece, di chi si è lamentato - dopo la sentenza di qualche settimana fa - che Silvio Berlusconi è già stato graziato con una pena leggera e non pesante – una pena che rappresenti il male che ha fatto, per intenderci – mi ha fatto ripensare a un articolo per me importante e bellissimo, Lasciate che Priebke torni a casa sua, di Adriano Sofri su Priebke, pubblicato da Repubblica il 5 marzo del 2004 (un altro discorso, non molto diverso, parte da questa lettera e si allarga sul suo libro Chi è il mio prossimo, Sellerio, 2007). Perché non mandare l'ex nazista a casa, vicino alla moglie malata, invece di tenerlo agli arresti domiciliari a Roma? Perché incatenare un uomo ormai vecchio e innocuo a questo modo? Riporto un lungo brano (abbiate pazienza) della lettera: 


Un minuto dopo la sentenza, sarei stato sollevato se Priebke fosse stato rimandato a casa sua. Non ha alcuna importanza, ai miei occhi, che uomo sia oggi, quali pensieri esprima o taccia sul suo passato, quali condoglianze o perdoni accetti o rifiuti di pronunciare. Riguarda lui. Forse riguarda i parenti delle vittime, ammesso che diano peso a ciò che lui dice o tace: non so. Per me non ha alcuna importanza. Non importa niente che uomo sia, ma che sia un uomo: un vecchio uomo innocuo e superfluo per chiunque, se non per la propria vecchia donna e per sé. Nessun calcolo politico, storico, giudiziario è più pertinente, se non la constatazione della protratta e provvisoria e imbarazzante esistenza in vita di un uomo. Così pensavo, anni fa ormai. Non ho mai cambiato quella opinione, e caso mai, il tanto tempo che è trascorso l' ha rafforzata. Sono venute da me le persone impegnate alla difesa e al sostegno a Priebke, mi hanno annoverato fra i destinatari di iniziative pubbliche - libri memoriali, cassette... Non ho letto i libri, non ho guardato le cassette. Non mi sembravano importanti per il punto in questione. Nella sua lettera al tribunale che lo giudicava, Priebke evocò l' atomica di Hiroshima, il bombardamento di Dresda, le fosse di Katyn: quel repertorio di orrori bastavano ad assolvere Priebke agli occhi di Priebke per una bagattella come le Fosse Ardeatine. Il vecchio nazista non farà più a meno di questo modo di pensare. Ma che cosa pensiamo del suo destino futuro non può aver niente a che fare con lui, la sua faccia, le sue parole pubbliche, i suoi sentimenti segreti. è affare nostro. Lui aveva 33 anni alle Fosse Ardeatine, ha ora novantadue anni, e quasi altrettanti ne ha la sua moglie malata. Non si tratta di sapere come e dove vivranno, ma dove e come moriranno. Se vogliamo che la notizia, sempre più imminente, ci dica che è morto in un arresto domiciliare romano, o in una casa lontana sua e della sua donna. Nel primo caso pochi ne proveranno una gioia, e sarà comunque amara, molti ne proveranno solo un disagio, a tanti non importerà niente. Io preferisco che se ne sia già andato, che muoia a casa sua. Che qualcuno gli abbia detto, a quel suo viso impietrito: «Se ne va a casa!». Le persone della comunità ebraica romana scusino la mia indiscrezione, ma mi piacerebbe tanto che fossero loro a dire che non è questo che sta loro a cuore, il titolo di ergastolano e il luogo nel quale Priebke lasci questo mondo. E benché il perdono sia un sentimento e un gesto meraviglioso, non è neanche del perdono che si tratta qui, ma di voltare le spalle e il viso alla scena nella quale si consumerà il tempo estremo di uno che si prestò a essere un odioso nemico. Anche di Walter Veltroni sono amico abbastanza da dirgli che una manifestazione in favore di Priebke, qualunque ignobiltà possa esservi inalberata - per esempio, un manifesto col suo nome e il mio - merita un' alzata di spalle, non una mobilitazione per impedirla. Non sarà una vergognosa giustificazione del militare che obbedisce agli ordini a procurare o inibire una misura di umanità nei confronti dell' antico nazista. Né è consolante che anche su questo si riproduca la fedeltà dei partiti alla propria geografia e demagogia, magari quella geografia riaggiustata per la quale la sinistra dà per imprescrittibile una persona e non un reato, e la destra la scavalca in intransigenza, perché così vogliono i tempi. Si chiede la grazia per Priebke: non so né se sia giusto, né se sia saggio. Penso però che anche fuori della grazia uno Stato abbia risorse legali per trasformare degli arresti domiciliari in Italia per ragioni di età e di salute in un' espulsione a un quartiere di Bariloche… 

Non fraintendete, non ho alcuna possibilità e voglia di accostare il nome di un criminale nazista a quello di Silvio Berlusconi (e poi Berlusconi non è ancora così anziano come lo era Priebke durante il suo processo), ma i toni che spesso leggo sui giornali, o in generale in rete, sono quelli di chi sta accusando un criminale nazista. Per me, comunque, non fa alcuna differenza: entrambi sono o, nel caso di Priebke, sono stati miei vicini di casa, di pianerottolo. Anche se il perdono è un gesto meraviglioso, qui non si tratta di perdono, però. Si tratta, secondo me, di valutare la realtà da persone non arrabbiate o vendicative. Appunto: non si tratta di che uomo sia Silvio Berlusconi, ma che sia uomo; non si tratta di sapere come e dove vivrà, ma come e dove morirà. Voglio pensarla così per non essere o diventare un essere umano cattivo, sia che io stia parlando di un semplice ladro di pecore sia che stia parlando di un criminale nazista.