sabato 26 gennaio 2013

Il primo film di Leonardo Pieraccioni


del Disagiato

Qualche sera fa, davanti alla televisione, ho smesso di girare canale quando ho incontrato un film di Leonardo Pieraccioni, I laureati. È, se non sbaglio, il suo primo film: anno 1995.  Penso di averlo visto dall’inizio alla fine due volte: una volta al cinema, quando uscì, e una volta sempre in televisione, pochi anni dopo. Il regista, allora, era un esordiente con delle buone idee, e in effetti, secondo me, questo film è più che gradevole. Insomma, l'altra sera, riguardando il film, oramai vicino alla conclusione, ho notato che I laureati è un film lento. I personaggi pensano, parlano e pensano nella stessa scena, senza che accada nulla nel frattempo. Ci sono momenti di silenzio, e a volte questi momenti di silenzio si espandono, durano. La macchina da presa si adagia per parecchi secondi su un volto o sui protagonisti nel loro appartamento. Sono addirittura arrivato a pensare che il film che stavano trasmettendo avesse dei problemi. Invece no. Era semplicemente, ripeto, un film lento, in cui i personaggi vengono ripresi nell’atto di pensare, parlare e ancora pensare. Tutto nella stessa scena, nella stessa inquadratura. Come se noi spettatori avessimo un sacco di pazienza e concentrazione da dedicare a un film come questo. E questo è un film di Pieraccioni, non di Igmar Bergman e nemmeno di Michael Haneke.

Sono passati quasi vent’anni, da allora, e i film di Leonardo Pieraccioni, o alla Pieraccioni, adesso, per quel poco che ho visto, sono veloci, hanno messo il turbo. Un personaggio parla e poi un altro personaggio parla e poi ancora un altro personaggio parla. Si parla molto e le inquadrature si accavallano. O almeno, sia chiaro, questo è il mio vedere. In questi anni o è successo qualcosa a me o è successo qualcosa al cinema di Pieraccioni. Uno dei due a un certo punto deve aver schiacciato l’acceleratore, deve aver cominciato a correre come un corridore che vuole vincere a tutti i costi. Io penso un paio di cose. Penso che la metafora del corridore sia un po’ da incompetenti però non ne ho in mente altre, di metafore, altrettanto efficaci per spiegarmi. E penso che pure quel primo film di Pieraccioni era, nel 1995, un film che correva o che voleva correre. Magari voleva far sorridere e non ridere, ma aveva comunque la pretesa di essere decisamente più spigliato e vivace rispetto a quelli che chiamiamo “film d’autore”. Nonostante questo, la storia scorreva diversamente, forse in modo più elegante, dandoci un po’ più di tempo e spazio per comprendere. Perché c’era qualcosa da comprendere e, forse, avevamo la voglia di comprendere. Poi, durante questi diciotto anni, deve essere successo qualcosa. 

11 commenti:

  1. lo ricordo come l'unico film decente di pieraccioni...

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  2. hai provato a rivedere sul sito della rai i vecchi sceneggiati (le fiction all'epoca si chiamavano così) degli anni '70?

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    1. Sì, ho provato, e in effetti pure qui i ritmi sono più pacati. Anche i documentari li trovo diversissimi. Quello che mi ha impressionato tanto, però, è il fatto che ad essere mutati sono le commedie leggere un po' più vicine a noi, sia nel tempo che nel gusto.

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  3. Individuare una sola causa per una trasformazione culturale è sempre una semplificazione (e forse una banalizzazione) di un fenomeno più complesso, ma dopo il 1995 ha cominciato a prendere piede l'uso di internet che è un media che parla e parla, accavallando informazioni e contenuti. Sarebbe interessante capire quanto e in che modo il successo della rete abbia progressivamente influenzato il linguaggio cinematografico, specie nel cinema pensato per il grande pubblico.

    I vecchi sceneggiati Rai ricordati da Nonunacosaseria, avevano un impianto ancora molto teatrale, tanto è vero che il cinema italiano degli stessi anni aveva decisamente più ritmo.

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    1. Sono d'accordo con te, individuare una sola causa è difficile e sbagliato. A me basta averlo notato.

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    2. ...Non che voglia difendere Pieraccioni, ma diciotto anni sono un tempo enorme per chi fa racconti visivi.

      Oggi, l'uscita degli operai dalla fabbrica ripresi dai Fratelli Lumiere ci sembra lentissima. Ma all'epoca fu uno shock incredibile per l'occhio dello spettatore, abituato alla fissità della scena teatrale.
      E vogliamo parlare di tivvù? Se riguardo oggi una puntata di Miami Vice mi sembra una roba girata da Carlo Sassi per la moviola di Novantesimo minuto. Eppure quando la diedero sul piccolo schermo nei "mitici" anni Ottanta rappresentò una rivoluzione cinetica ...

      E, per venire ai giorni nostri, sembra una banalità, ma internet e youtube hanno contribuito moltissimo a cambiare la nostra percezione di spettatori.
      Se pensi che oggi, perfino sul grande schermo, trionfa la comicità in pillole dei 2 soliti idioti, dove tutto si risolve in "scenette" da cinque minuti, il tempo di un dowloand o di un caricamento insomma...

      Ma capisco che il tuo discorso, forse, è molto più conettuale e filosofico rispetto alla mia riflessione che è puramente "tecnica ed espressiva". Io ho deciso di rinunciare a fare questo tipo di confronti, da quando qualche anno fa proposi "Natural born killers" di Oliver STone ai miei studenti dell'istituto di design, per parlare di montaggio frenetico nei film. Alla fine della visione, uno degli studenti mi disse compiaciuto: "grazie prof... Belli questi film vecchi che ci propone... Certo un poco lenti...".

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    3. Oltre Youtube e Internet, non trascurerei i videoclip in particolare, i videogiochi e le pubblicità. Nel dietro le quinte di Scrubs, gli attori discutevano del fatto che gli sketch della serie fossero troppo rapidi per gli spettatori... meno giovani :^)

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  4. Mi sono reso conto di quanto sono cambiato io come spettatore e mi sono anche reso conto quanto diciotto anni, e non cento, siano un tempo enorme. La mia è stata una consapevolezza da divano, di fronte a un film di un regista che solitamente fa film non di certo riflessivi. Ho imparato qualcosa da Pieraccioni e non da Bergman o, come nel tuo caso, da Oliver Stone.

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  5. Pieraccioni prima che diventasse Pieraccioni da noi era già Pieraccioni. Io l'avevo visto dal vivo 3 volte e ogni volta mi ero buttato via. Poi la 4a lo trovai dietro le quinte a mangiare prima dello spettacolo a una festa di rifondazione, lo salutai e gli chiesi di fare un pezzo in cui in un campo da calcio si stava piazzando una barriera per tirare un calcio di punizione. Durava 5 minuti. No disse adducendo scuse e infiniti lutti, anche se non agli Achei. È vaffanculo, allora. Niente, poi cominciò a fare film ma io già l'odiavo.
    Tuttavia, a onor del vero, ne Il Ciclone, ci sono 2 scene che mi piego ancora in 2.
    Sono andato fuori tema, va be'.

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  6. Descrivendo la lentezza de "I laureati", così per analogia mi è venuta in mente la lentezza del film "Mediterraneo" che ho visto da poco e mi ha trasmesso un po' le stesse sensazioni di cui parli.

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  7. Primo pensiero: Pieraccioni ha presto esaurito le idee (però il ciclone pure era molto godibile).
    Secondo pensiero: nel campo dei film d'azione e d'avventura, è chiaro che hanno messo il turbo. Lo dicono tutti. A parte cose come Harry Potter, che mi piace molto e che ha una profondità che i vecchi film fantasy spesso non hanno (Krull fa abbastanza ridere...), non credo che la cosa dipenda da internet o da chissà quali motivi: è solo assuefazione.
    All'inizio Miami Vice stupiva, ma poi ci si è abituati e si è dovuto accelerare per ottenere delle reazioni, e così via.
    Però a me certi film d'azione degli anni '70 piacciono proprio perché sono quasi "realistici": almeno ogni tanto il protagonista dice "Ahi"!

    Uqbal

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(Con educazione, se potete. E meglio ancora se con un nickname a vostra scelta, se non vi dispiace, visto che la dicitura Anonimo è brutta assai. Qualora a nostro parere doveste esagerare, desolati, ma saremmo costretti a cancellare. Senza rancore, naturalmente.)